#Review – “Educazione Siberiana”, romanzo di formazione

Esce oggi 28 febbraio in sala il nuovo film di Gabriele Salvatores, “Educazione Siberiana“, basato sull’omonimo romanzo di Nicolai Lilin. Il film è figlio di una lunghissima gestazione, dovuta alla preparazione della sceneggiatura, più volte riscritta, e alle difficoltà logistiche delle location di shooting. Il romanzo di Lilin è ufficialmente basato su episodi autobiografici. L’intreccio narra della vita di un gruppo di ragazzi – Kolima (Arnas Fedaravicius), Gagarin (Vilius Tumalavicius) e i loro amici – nella Transnistria, regione della Moldavia autoproclamatasi indipendente dopo il crollo dell’URSS. Nella città di Tighina, nel quartiere “Fiume Basso” sulle sponde del fiume Nistro, risiede da decenni la comunità degli Urca Siberiani. Gli Urca Siberiani sono una comunità di briganti originari della taiga della Siberia, deportati negli anni ’30 sotto il regime di Stalin nella regione a pochi passi dal Mar Nero.

La cultura dei clan Urca è impregnata da una commistione tra etica criminale e religione cristiana ortodossa: rituali ancestrali ed usi antichissimi, che si tramandano per via orale di generazione in generazione. Questi rituali vengono rinsaldati dall’uso altamente simbolico del tatuaggio, dove il segno inciso sul proprio corpo narra della propria vita, dei propri crimini, dei propri valori. Kolima e i suoi amici nascono e crescono nel contesto di una sub-cultura che vive ogni giorno di regole e dogmi di natura quasi religiosa, che vanno rispettati nel solco della tradizione. Gli insegnamenti vengono dati ai ragazzi da “Nonno Kuzya” – interpretato con carisma da un ottimo John Malkovich – il capo-clan della famiglia di Kolima.

La storia è narrata su due piani temporali: un “presente” ambientato nel 1995, che vede ormai un adulto Kolima arruolato come spietato soldato russo durante la guerra in Cecenia, e un “passato” ambientato dal 1985 in poi, che vede al centro la fine dell’infanzia e l’adolescenza di Kolima e dei suoi compagni di gioco e di armi di Fiume Basso. Senza voler rivelare nulla della trama, per quanto sia continuo il senso di violenza criminale delle azioni compiute dai protagonisti, il film si rivela essere un vero e proprio romanzo di formazione adolescenziale. Le azioni dei bambini, poi ragazzi, diventano necessariamente causa di cambiamenti psicologici e delle conseguenti azioni dei protagonisti adulti. In quel superamento dell’adolescenza, mai drammatico come in certe sequenze del film, notiamo come la figura del vecchio capo-clan Kuzya sia fondamentale. Non tutti i protagonisti sapranno apprendere e rispettare l’Educazione Siberiana del titolo.

Che il film abbia origine da un romanzo è evidente: gli avvenimenti sono molteplici, come i personaggi, e scena dopo scena ci viene presentata una serie di sensazioni emotive diverse. Il film procede con i necessari tagli e semplificazioni rispetto alla trama del libro, ma pur riuscendo a conferire il senso complessivo della carta stampata, sotto certi aspetti non approfondisce quelle minuzie dei rituali Urca, che forse avevano maggiormente affascinato i lettori più attenti. Gabriele Salvatores compensa la necessità di sintesi con la sua maestria dietro la macchina da presa, rendendo praticamente ogni scena un affresco, con una cura davvero notevole per scenografia e fotografia. Forse qualche scelta di montaggio e un secondo finale leggermente stucchevole potrebbero abbassare il tiro del film, ma nonostante possa non piacere a tutti, secondo noi questo film è meritevole della vostra attenzione. Questo è il Cinema che vorremmo vedere più spesso realizzato in Italia.

Al film abbiamo dedicato un post speciale introduttivo, una gallery fotografica, e un video con le dichiarazioni di Gabriele Salvatores e Nicolai Lilin durante l’anteprima di Firenze del 27 febbraio. Buona visione!

“Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores
Il semaforo di Velvet Cinema: Luce Verde

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