#Review – “Il Grande Gatsby” amato dal pubblico, odiato dai critici

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Il Grande Gatsby“, presentato ieri in apertura del 66esimo Festival di Cannes, è un film immancabilmente destinato a dividere. Baz Luhrmann mette in scena un adattamento chiassoso e caleidoscopico del romanzo di F. Scott Fitzgerald, mescolando gli anni ’20 del proibizionismo a New York con la musica dal beat hip-hop made by Jay Z.

Ascolta la colonna sonora integrale de “Il Grande Gatsby” prodotta da Jaz Z

All’assordante silenzio di Cannes a fine proiezione, fa da contraltare il box-office del primo weekend americano, che ha visto “Gatsby” riedizione 2013 sforare i 50 milioni di dollari: non un successo assoluto – “Iron Man 3” è ancora in vetta e punta ormai a bucare il muro del miliardo di dollari totali – ma comunque una cifra da reverenzialità.

Baz Luhrmann non nasconde nulla della sua regia, mescolando la voce narrante di Nick Carraway (un Tobey Maguire sempre più amareggiato e disgustato dalle luci della città) a colori, montaggio velocissimo, inquadrature fulminee e dissonanti, e ricoprendo il tutto con una glassatura in 3D talmente esasperata da risultare quasi fastidiosa nei primi minuti di proiezione. La prima ora di “Gatsby”, manifestazione della sfrenata liceità dei costumi dei nuovi e vecchi ricchi nell’America pre-crisi del ’29, è un perfetto esempio dello stile del regista: Luhrmann recupera quasi tutta la tecnica vista nel suo capolavoro “Moulin Rouge” risalente a 12 anni fa.

Guarda il trailer de “Il Grande Gatsby”

Eppure 12 anni sono innegabilmente passati, e quello che nel contesto di “Moulin Rouge” funzionava alla perfezione, qui rischia di appesantire la vista dello spettatore. Soprattutto è il tono del soggetto che è molto più cupo e stratificato rispetto alla Parigi del can-can. Il peso di Luhrmann schiaccia e appiattisce le mille sfaccettature caratteriali, la delicatezza e le sottigliezze di fondo del materiale originale.

Leonardo DiCaprio in questo contesto si erge però come un vero titano nel ruolo di Jay Gatsby, ed è in grado di rendere le sfumature di un uomo partito dal niente, infatuato di Daisy Buchanan (una Carey Mulligan rinchiusa nelle paure del suo personaggio), ossessionato e possessivo fino a scendere a mille compromessi pur di ottenere la vittora d’amore finale, pura e perfetta.

Guarda le foto del cast de “Il Grande Gatsby” sulla Croisette di Cannes

E’ nella seconda parte del film che lo spettatore riesce ad entrare veramente nella storia e a commuoversi, quando ormai pago Baz Luhrmann lascia scorrere la narrazione e i dialoghi senza più preoccuparsi di mostrare i suoi classici fuochi d’artificio. Probabilmente questa divisione in due del film è una scelta voluta del regista, che lega lo svelamento di Gatsby al graduale infrangersi del gioco di specchi e colori presentato all’inizio.

“Gatsby” di Luhrmann, pur nella sua imperfezione, resta un film da vedere: derisione continua del maschilismo e delle presunte virtù di censo, fracassone ma al tempo stesso critico e morigerato, è un film in cui non esiste un vero vincitore. Nel finale sa toccare le corde più intime, perchè probabilmente siamo tutti stati nella vita o un Gatsby o una Daisy, almeno una volta.

“Il Grande Gatsby” di Baz Luhrmann
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