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Categorie: Bomba

Cinema, passaggio al digitale: l’Italia non è ancora pronta

31 dicembre 2013: questa la data che avrebbe dovuto segnare il definitivo passaggio del cinema al digitale. Avrebbe, appunto. Necessario il condizionale. Perché l’Italia non è riuscita a rispettare pienamente tale scadenza. Lo switch off delle sale nostrane non è completo; secondo gli ultimi dati dell’Anec (Associazione nazionale esercenti cinema), infatti, al 31 ottobre soltanto 2.434 schermi su 3.936 in tutto il Paese risultavano digitalizzati. In percentuale, stiamo parlando del 61,8 per cento. Nelle ultime settimane c’è stata un’accelerazione, adesso dovremmo essere intorno al 70 per cento e quindi l’appello è tutt’altro che completo. Dinanzi a tale situazione, è molto concreta l’ipotesi di una proroga, anche per scongiurare il rischio di chiusura per chi finora non ha fatto il fatidico passo (oltre mille sale).

Il quadro generale, insomma, non è dei migliori. I registi si dividono: chi plaude al digitale e chi invece lo considera una sorta di evento luttuoso e trova difficile – anche doloroso – dire addio alla pellicola. Lo scorso agosto Richard Borg, amministratore delegato in Italia di Universal e presidente dei distributori Anica, ha fatto sapere che ormai otto registi su dieci girano in digitale (nell’elenco anche Steven Spielberg e Giuseppe Tornatore, incoraggiati dalle prodezze della tecnologia), ma allo stesso tempo gli “irriducibili” non smettono di sottolineare come l’immagine perda profondità. Paolo Sorrentino è fra gli innamorati della “pizza”: La grande bellezza, che continua a conquistare gli animi anche oltreconfine, è un film interamente impresso su pellicola e poi convertito per il montaggio, ormai da tempo computerizzato.

Il definitivo passaggio al digitale, comunque, offre vantaggi prima di tutto economici: “arriveremo a dimezzare le spese di distribuzione“, ha spiegato Borg. Stampare una copia in pellicola ha un costo che varia fra i 500 e i 700 euro, mentre per l’hard disk digitale ne bastano al massimo 200. E poi va meglio anche per il trasporto: le “pizze” arrivano a pesare 35 chili, i supporti per il digitale uno solo. Infine, si compie un importante passo contro la pirateria. I dati contenuti negli hard disk sono infatti codificati, e ciò significa che possono essere letti soltanto quando il distributore fornisce la chiave.

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Redazione

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