Uscirà nelle sale cinematografiche domani, giovedì 29 gennaio, Turner, il nuovo film diretto da Mike Leigh e dedicato al genio pittorico William Turner, definito dallo stesso regista britannico come “un artista visionario ma anche un uomo assai terreno divorato dalla sua arte e dalle sue ferite”. A vestire i panni del protagonista è Timothy Spall (Harry Potter, Come d’incanto, Il discorso del re) che per entrare alla perfezione nella parte ha addirittura studiato pittura già due anni prima dell’inizio delle riprese. Così tanta fatica verrà premiata? Leigh racconta gli ultimi quindici anni di vita dell’artista, ma non si tratta di un biopic classico.
Il pittore è rappresentato come un uomo egoista, vigliacco e allo stesso tempo capace di slanci di romanticismo e generosità. Quello che però il regista vuole mettere in risalto è proprio il concetto di arte. Fin dalla prima inquadratura lo spettatore viene immerso nei dipinti dell’epoca, in una serie di colori e di giochi luce-ombra che lasciano stupefatti. La regia non risulta mai banale, come anche la narrazione che scorre in maniera lineare. Tutti i dettagli che appaiono nella pellicola parlano di Turner. In un certo senso nel corso del film il pubblico può affezionarsi piano piano a questo strano personaggio. Un uomo che sente il peso della crisi del suo tempo, ma che non abbandona mai l’arte.
Si tratta di un film ironico, ma allo stesso tempo malinconico. Un bel lavoro. Su questo non ci sono dubbi. Peccato solo per una piccola polemica di Leigh nei confronti dell’Italia. Il regista avrebbe voluto girare il lungometraggio a Venezia, ma il budget era troppo basso per portare il set nella città: “Se uno si siede a un bar a piazza San Marco ti spennano – ha commentato Mike durante la conferenza stampa a Roma – Anzi, a un certo punto in pre-produzione ci eravamo detti che senza Venezia non si poteva fare nulla, ma poi abbiamo rinunciato. Devo dire, è stata una decisione sofferta“. Lo staff ha provato a cercare un produttore italiano, ma non c’è stato verso: “Il fatto – ha continuato – è che i produttori italiani non vogliono rappresentare una quota minoritaria”. Abbiamo perso una grande occasione?
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