Una notte al museo 3, la semplicità è ancora la chiave del successo

Esce nelle sale cinematografiche oggi, mercoledì 28 gennaio, Una notte al museo – Il segreto del Faraone, il terzo capitolo della divertente saga con protagonista Ben Stiller e in cui è presente Robin Williams (nei panni del Presidente americano Theodore Teddy Roosevelt), attore scomparso lo scorso 11 agosto (si tratta solo di uno dei quattro film postumi per il cinema). Nel cast figurano anche Owen Wilson, Dick Van Dyke, Steve Coogan, Ricky Gervais, Ben Kingsley, Dan Stevens e Rebel Wilson. Dopo aver salvato il Museo di Storia Naturale e lo Smithsonian, la guardia notturna Larry Daley (interpretata ovviamente da Stiller) va in trasferta al British Museum di Londra nel quale spera di scoprire degli indizi su una tavoletta misteriosa che ha il potere di riportare in vita i personaggi del museo.

L’atmosfera è praticamente identica alle pellicole precedenti. Non cambia niente. Sarà perché alla regia troviamo sempre Shaw Levy al fianco degli sceneggiatori Thomas Lennon, Robert Ben Garant, David Guion e Michael Handelman. Le dinamiche sono praticamente le stesse, cambia solo il luogo nel quale si svolgono le vicende. Anche la comicità resta invariata. Tutti questi sono dettagli che annoiano lo spettatore? Tutt’altro. Nonostante alcune battute manchino un po’ di brillantezza, la narrazione non perde mai il ritmo, tenendo sempre il pubblico sulle spine riguardo quello che accadrà nelle sequenze successive.

La chiave vincente del film è proprio questa: il filo conduttore che lo lega con i precedenti (che non a caso hanno incassato globalmente circa un miliardo totale). E’ come se fosse un unico lungometraggio che non si spezza mai. La storia scorre senza problemi, con scene che tengono le persone incollate alla poltrona del cinema. Solo il finale ha un’aria malinconica: forse perché si tratta dell’ultimo capitolo di una bella storia o tutto è influenzato anche dal fatto che sarà l’ultima volta (e su questo non ci sono dubbi) che vedremo Williams nei panni di Roosevelt. Possibile lacrimuccia alla fine dei 94 minuti?

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