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Maddaloni il judoka, da Scampia al trionfo Olimpico e il film con Fiorello

La storia del judoka Pino Maddaloni e di suo padre Gianni, che ha aperto una scuola di judo a Scampia, è stata raccontata nel film per la tv ‘L’oro di Scampia’, diretto da Marco Pontecorvo e prodotto da Picomedia-Ibla con Rai Fiction. L’atleta ha raccontato: “Quando mio padre aprì la palestra a Scampia, facendo debiti per 25 milioni, non capivamo se lo faceva per salvare i ragazzi dalla strada o se faceva sul serio. (…) Molti dei miei amici dell’epoca oggi non ci sono più. Alcuni in galera, altri morti. Quando uscivo con la borsa dell’allenamento gli altri bambini mi fermavano e, con la scusa di imparare una mossa, mi picchiavano. Mi toccava fare a botte prima di un durissimo training sul tatami”.

La pellicola per la tv L’oro di Scampia, diretta da Marco Pontecorvo e prodotta da Picomedia-Ibla con Rai Fiction, racconta la storia del judoka Pino Maddaloni (Campione Olimpico a Sydney) e di suo padre Gianni, che ha deciso di aprire una scuola di judo a Scampia. Nel film, Gianluca Di Gennaro ha dato il volto Tony Capuano, nome dietro al quale si ‘nasconde’ Pino Maddaloni, mentre Beppe Fiorello ha interpretato Enzo Capuano, ‘alter ego’ di Gianni Maddaloni, che a Scampia e non solo tutti conoscono come O Maè (il Maestro).

Pino Maddaloni ha raccontato al ‘Corriere della Sera’: “Quando mio padre aprì la palestra a Scampia, facendo debiti per 25 milioni, non capivamo se lo faceva per salvare i ragazzi dalla strada o se faceva sul serio. (…) Molti dei miei amici dell’epoca oggi non ci sono più. Alcuni in galera, altri morti. Quando uscivo con la borsa dell’allenamento gli altri bambini mi fermavano e, con la scusa di imparare una mossa, mi picchiavano. Mi toccava fare a botte prima di un durissimo training sul tatami”.

In merito alle Olimpiadi di Sydney, lo sportivo ha dichiarato: “Non avevamo soldi. Quando gareggiavo a Roma io e la mia famiglia partivamo alle tre del mattino da Napoli e tornavamo in serata. Quella volta, per seguirmi alle Olimpiadi, papà si vendette la moto. I più gentili suggerivano di rinunciare, altri remarono contro”. E sul futuro: “La sfida mia e di mio padre continua. Lui ha ancora la sua palestra nella quale accoglie tutti, anche i bambini senza genitori e che non possono pagare. Centinaia di persone. Aspettiamo che il nostro progetto della Cittadella dello sport si realizzi. Io sono responsabile della sezione giovanile di Montedidio, vicino ai Quartieri Spagnoli. Come papà, ai ragazzi non insegno a vincere ma a non lamentarsi, ad allenarsi di più. La mia paura è che molti ragazzi di talento lascino il nostro Paese perché scoraggiati”.

Photo credits: Twitter

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Stefano D'Alessio

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