#Review – “The Host” supera “Twilight” ma…

Qui non amiamo “Twilight“, anzi lo abbiamo sempre odiato, meglio essere onesti con voi lettori. Ci siamo dunque seduti in sala con le peggiori aspettative: il film “The Host“, di cui qui vi avevamo già anticipato, è basato sull’ultimo romanzo di Stephenie Meyer, ideale incipit di una nuova trilogia letteraria, più adulta come target rispetto a quella precendente dedicata ai vampiri.

La trama è un mix di romantico e fantascientifico: in un imprecisato futuro prossimo la Terra è stata invasa da una specie aliena che, come un parassita, possiede i corpi degli umani annullando la loro volontà. Ormai è pace e ordine ovunque, niente più guerre e niente più sofferenze, ma una sacca di resistenza di umani decisi a non farsi annullare dall’invasore extraterrestre si da alla macchia, preferendo al più la morte alla cattura. Cerca di recuperarli un gruppo di cosiddetti Cercatori. La fuggitiva Melanie (Saoirse Ronan) all’inizio del film cercherà in tutti i modi di non farsi da loro acciuffare, rischiando la vita. Eppure dopo una rovinosa caduta praticamente letale il suo corpo resisterà, e l’anima dell’alieno noto semplicemente come “Il Viaggiatore” le verrà impiantata nella nuca. Ma come il suo corpo ha dimostrato incredibili capacità di resistenza, così il suo spirito recalcitate rifiuterà di lasciare spazio alla coscienza dell’alieno. Ne nascerà quindi un dialogo interiore tra l’io alieno e l’io terrestre, entrambi in lotta reciproca e entrambi con obiettivi divergenti. Lo spirito indomito di Melanie non accetta la sconfitta e vuole assolutamente tornare ai suoi cari e ai suoi affetti più grandi: il fratellino Jamie, lo zio Jeb (Whilliam Hurt) e il ragazzo Jared (Max Irons).

Senza volervi rivelare altro dell’intreccio, sappiate che è evidente che delle 600 pagine del romanzo della Meyer sia stata effettuata una riduzione abbastanza cospiqua. Eppure il regista Andrew Niccol, il cui “Gattaca” confessiamo senza vergogna alcuna che ci ha rubato più di una lacrima, perde il filo in varie occasioni. Quel che funziona su carta magari non funziona sul grande schermo, e un libro in cui vi è un continuo botta e risposta tra due anime all’interno dello stesso corpo è estremamente difficile da trasporre cinematograficamente. Pur essendo abituati a godere di ottime interpretazioni da Saoirse Ronan, ricordiamo ad esempio “Hannah“, nonchè a sentire spesso la sua voce fuori campo, come nello struggente “Amabili Resti“, resta l’amaro in bocca nel veder il film afflosciarsi in scene di dialogo francamente più attinenti alla serialità televisiva che al cinema. E badate bene, ci sono grandi serie che potrebbero fare scuola. Ma qui manca proprio un senso di grandiosità, piuttosto si basa il film su intrecci amorosi tra i personaggi, in modalità più vicine alla soap-opera che alla serialità di qualità. L’aspetto sci-fi poi è praticamente inesistente, e la stessa sopravvivenza dei ribelli viene trattata in modo così “carino & coccoloso” da risultare stomachevole. Un paio di scenette tra i ragazzi protagonisti, o alcuni dialoghi piccati tra Melanie e il Viaggiatore, sono divertenti ma suonano francamente assurdi nel presunto contesto drammatico della pellicola, ovvero quello una resistenza post-apocalittica.

“The Host” è un film che quasi sicuramente piacerà ai fan del libro di Stephenie Meyer. Andrew Niccol e Saoirse Ronan sono due nomi da tenere sempre sotto osservazione, e infatti i due elevano con le loro performance questo film di almeno un paio di tacche rispetto alla saga di “Twilight”. Purtroppo è impossibile non accorgersi che il materiale di base del soggetto è pur sempre la solita appiccicosa minestra riscaldata: ovvero quel misto di buonismo, pulsioni sessuali represse e protestantesimo integralista che ha generato “Twilight”.

“The Host” di Andrew Niccol
Il Semaforo di VelvetCinema: Luce Gialla