Marco Belardi ricorda ancora perfettamente gli anni in cui lavorava a Cinecittà come volontario e assistente; gli anni in cui – fra l’altro – numerava la pellicola con la china, a mano, dopo le lezioni all’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione di Roma. Zero soldi, tanti sogni. Il cinema è sempre stato il suo presente e anche il futuro, inseguito con determinazione: “i miei genitori sono stati fantastici e non mi hanno mai fatto mancare il supporto morale, ma per quello economico non avevano i mezzi“. Poco male, Marco s’è rimboccato le maniche e usato il buon vecchio olio di gomiti. E’ diventato un tecnico, e quelle conoscenze sono preziose ancora oggi. Poi ha ampliato il raggio d’azione, curando il backstage di spot pubblicitari: “li giravo e montavo, ho fatto il montatore a ore anche per la tv“.
L’obiettivo principale l’ha raggiunto infilando nel suo bagaglio il rischio, l’ambizione, il cuore, il fiuto, un po’ di fortuna perché-ci-vuole-sempre. Oggi Belardi è uno dei produttori italiani più giovani e affermati nel panorama nazionale, “anche se il termine ‘affermato’ – ammette – un po’ mi fa paura“. Poi ammette anche che “i momenti di sconforto non sono mancati e non mancano. In passato ho visto porte chiudersi, porte che non si sono nemmeno aperte. Ma qualche sofferenza è necessaria, da mettere in conto“. Adesso Belardi è nel pieno di un periodo a dir poco intenso. Per la prima volta produce tre film nell’arco di un anno: Tutta colpa di Freud diretto da Paolo Genovese (leggi l’intervista), Ti sposo ma non troppo per la regia di Gabriele Pignotta, Ti ricordi di me? di Rolando Ravello. Il 26 settembre uscirà inoltre Universitari, ultima fatica di Federico Moccia.
Una sfida dietro l’altra: che effetto fa?
Sono soddisfatto, nonostante le difficoltà del momento storico. Il film di Genovese, per molti versi, è uuna garanzia. Lui è anche molto bravo a scrivere e questa è una commedia esilarante. Si ride, è una risata alla Immaturi, con dietro qualcosa di più. In questi casi, quindi anche considerando i successi precedenti, è più facile anche trovare un cast che ci creda. Vedi, gli attori nutrono sempre una certa diffidenza nei confronti delle opere prime, a meno che non si tratti di cinema d’autore. Ma quando si parla di commedie sono più spaventati.
E Ti sposo ma non troppo è un’opera prima…
Esatto. E’ l’adattamento dell’omonimo spettacolo teatrale di Gabriele Pignotta. Faccio teatro da qualche tempo, cerco di produrre spettacoli che non siano di nicchia ma per il grande pubblico. Per tutta la famiglia. Il teatro, per me, rappresenta una sorta di test: osservo le reazioni di chi li guarda. E poi è uno strumento prezioso anche per coinvolgere i partner finanziatori; credo sia importante che chi decide di partecipare al progetto lo viva concretamente in tutte le sue fasi. Non mi piace vendere un film su un pezzo di carta.
Hai ‘scoperto’ Pignotta assistendo al suo spettacolo Scusa sono in riunione, ti posso richiamare?…
Sì, e gli ho fatto un contratto in esclusiva. Lo seguo ormai da quattro anni, trovo che sia un ragazzo di grande talento. Gabriele ha anche scritto la sceneggiatura del prossimo film di Carlo Verdone e questa è un’ulteriore conferma.
I protagonisti sono Vanessa Incontrada e lo stesso Pignotta.
Vanessa ha accettato con entusiasmo. E’ arrivata sul set emozionata, come fosse il primo giorno di scuola (sorride, ndr): sono felice di questa sua reazione. Gabriele, invece, continua a ringraziare tutti: dopo tanti anni di gavetta, per lui è un sogno che si avvera… Sul set si è creata davvero un’atmosfera magica. E’ un film a basso budget co-prodotto con Rai Cinema, il costo è di un milione e 200mila euro, ma sono molto fiducioso.
Anche Ti ricordi di me? arriva dal teatro…
E’ la trasposizione cinematografica dell’omonimo spettacolo teatrale scritto da Massimiliano Bruno e interpretato da Edoardo Leo e Ambra Angiolini. Loro due sono i protagonisti pure in questo caso, le riprese sono iniziate a luglio e posso definirmi felicissimo dei risultati. Ambra ed Edoardo hanno una bella carica positiva.
Recentemente è stato rinnovato il tax credit: quanto è importante per la salute del cinema italiano?
E’ senza dubbio un grande supporto, basato su un principio giusto. Così come è giusto permettere anche ai privati, estranei al settore cinematografico, di investire su film commercialmente validi. Ed è necessario che lo Stato finanzi anche le opere prime.
Che rapporto hai con i registi?
Sono nato come tecnico, quindi ne capisco, e in più mi piace molto la tecnologia: perciò seguo personalmente tutti i set e dico la mia. Allo stesso tempo lascio i registi molto liberi, ho sempre un ottimo rapporto con loro e ci tengo che durante le riprese si respiri un’aria bella. Amo il lavoro di squadra e amo le dimensioni familiari: è così anche nel mio ufficio, con me lavorano poche persone fisse ma tutte arrivano animate da grande entusiasmo. Ogni giorno.
Partecipi anche alla scelta degli attori?
Diciamo che ho voce in capitolo per quanto riguarda i protagonisti.
Il mestiere del produttore cinematografico è rischioso e complesso.
Sì, lo è. Molto.
Perché continui a farlo?
Perché finora mi è andata bene (ride, ndr). Adesso sto per fare un salto, in tutti i sensi… Staremo a vedere.