Vinicio Marchioni: “… Perché l’arte crea uomini liberi”

Vinicio Marchioni è cresciuto nella periferia romana e ha origini calabresi. Torre Melissa, per l’esattezza, piccolo centro della provincia crotonese. E a sentirlo, a guardarlo viene in mente il mare: libero, affascinante, freddo o caldo a seconda di ciò che accade sulla Terra e anche nel cielo. Capace di rivelare pienamente la sua essenza soltanto a chi ha il coraggio e la volontà di spingersi fino al largo, dove l’acqua si fa più profonda, forse più pericolosa, ma anche più blu. L’esplosione del blu. Per avere il massimo bisogna dare il massimo, questo Vinicio l’ha imparato presto. Riservato, educato, gentile: aggettivi che indiscutibilmente devono essere accostati al suo nome. Però è come se l’ultimo strato lo mostrasse a chi lo merita davvero. E’ un personaggio pubblico, certo, ma anche estremamente abile a custodire tutto ciò che riguarda la sfera privata. Allo stesso tempo si dà a tutti, in modo incondizionato: sul set di un film oppure sul palcoscenico. Mai risparmiarsi, quando c’è di mezzo un fuoco che arde. Il fuoco, per Vinicio, è la recitazione. Indossare vite e volti altrui è la cosa che gli riesce meglio, che gli permette di identificare e superare i propri limiti, che richiede un prezzo a volte molto alto in termini di fatica e impegno ma per cui vale sempre, sempre la pena.

La sua gavetta è stata lunga. Lui ha fatto mille mestieri, con ogni probabilità sarà passato attraverso fasi di sconforto e fasi di cieca fiducia in se stesso. Alla fine ha vinto quest’ultima. E oggi Vinicio è fra gli attori più quotati e cercati. Il 2013 è stato un anno di grande schermo, ha lavorato per pellicole di ottima qualità fra cui Miele di Valeria Golino, Third Person di Paul Haggis, Il sud è niente dell’esordiente Fabio Mollo. Il 2014 è cominciato con l’arrivo nelle sale di Tutta colpa di Freud – regia di Paolo Genovese – in cui Marchioni non dice una parola ma dice tante cose. Adesso si prepara a calcare di nuovo le scene teatrali con uno spettacolo realizzato insieme a Milena Mancini. Sua compagna in questo progetto e pure nella vita, nonché madre dei suoi figli.

METAmorfosi: tre sole date, dal 23 al 25 maggio, al Teatro Ghione di Roma. E’ la riduzione della favola di Amore e Psiche.
Esatto. Io sarò sul palcoscenico per leggere la favola, Walter Savelli e Giovanni Baglioni eseguiranno le musiche composte dallo stesso Savelli e si esibirà il corpo di ballo di Milena, che ha curato le coreografie e, con me, la regia. L’idea è di Fabrizio Di Fiore, comproprietario della Scuola di Musica Cantus Planus Ciac.

E l’obiettivo è quello di dar vita a una commistione di arti.
Musica, recitazione, ballo. E anche pittura: ogni sera Roberto Meta realizzerà in tempo reale una tela sui temi dello spettacolo. Il testo di Amore e Psiche ci sembrava il più adatto per esporre il concetto di metamorfosi intesa come trasformazioni delle arti; la recitazione è al servizio della musica, la musica è al servizio del ballo e si arriva alla pittura. Dunque alla creazione finale.

Alla fine di ogni serata il quadro sarà venduto e l’incasso verrà devoluto in beneficenza.
Sì, andrà a Save the children per supportare la campagna Illuminiamo il futuro di cui sono testimonial.

Una campagna tramite cui si intende offrire opportunità di crescita ai bambini e ai ragazzi che vivono in quartieri e zone disagiati.
Vengo dalla periferia di Roma e conosco bene certe realtà. So bene che un bambino di cinque anni non ha mai visto un film, un libro o un quadro, è stato privato di qualcosa di importante. Questa campagna mira a incentivare la presenza nei quartieri a rischio di luoghi in cui l’arte possa trovare spazio e forma.

L’arte è una salvezza?
Sì, l’arte e in generale la cultura possono essere una salvezza: non ho dubbi. Oltre a creare economia, creano uomini liberi. Ed è per questo che occorre prestare particolare attenzione ai bambini… perché sono gli adulti di domani.

Com’è lavorare con la propria compagna?
Divertente, complicato, stimolante. Ci sono un dialogo e un confronto costanti. Milena è un’ex ballerina e anche un’attrice: dove non arrivavo io, arrivava lei. Anzi, se non ci fosse stata lei sicuramente questo progetto non avrebbe preso forma.

Cosa ha significato il tuo incontro con lei?
L’incontro con lei è stato una fortuna enorme. E’ una donna e un’artista completa con cui ho costruito qualcosa di molto importante. Certi tipi di incontri permettono anche di trovare maggiore equilibrio e stabilità, è innegabile.

Il tuo primo amore è stato la scrittura.
La scrittura, la lettura. E’ per questo che mi sono iscritto alla Facoltà di Lettere, anche se non ancora non avevo individuato bene i miei desideri per il futuro. Ma credo che una certa confusione sia anche comprensibile a diciott’anni.

Poi è arrivato quel corso di teatro…
Sì, ho avuto un’altra grande fortuna: frequentare una scuola di recitazione con insegnanti straordinari, grazie ai quali ho scoperto e cominciato a coltivare la mia vera passione.

Una gavetta lunga quindici anni, lo studio con Luca Ronconi: nei tuoi pensieri di allora c’era soltanto il teatro o s’affacciava anche il cinema?
C’era anche il cinema. Infatti ho trovato un’agenzia e ho cominciato a fare provini. I primi passi. Di certo non mi aspettavo i risultati che invece poi sono arrivati…

Cosa pensi di chi prende o tenta di prendere scorciatoie?
Che magari arriva prima, ma non va molto lontano. E’ una cosa che non apprezzo. A me non è mai successo di vedere gente prendere scorciatoie, comunque credo che accada soltanto per ruoli poco importanti. Un produttore sarebbe pazzo se decidesse di correre determinati rischi.

La popolarità è arrivata con il ruolo del Freddo nella serie Romanzo Criminale e ancora oggi qualcuno ti conosce con quel nome.
Sì, ma per fortuna non sono tantissime persone. Vero che alcuni giornalisti, nei titoli, accanto al mio nome mettono ancora fra parentesi Il Freddo… Non so bene perché. Per fortuna, da allora ha fatto tante cose. In 4 anni ho girato 12 film, quindi in questo senso è un ruolo che non ha dato noia alla mia carriera. Anzi, mi ha permesso di farmi conoscere dal grande pubblico; dunque non posso che provare gratitudine.

Negli ultimi tempi sei passato da un set all’altro.
E’ vero. Ringrazio ogni giorno il cielo per questo e cerco di fare in modo che le cose continuino così. Il lavoro migliore, per me, è sempre quello che verrà. Dopo tutto, in questo Paese sembra sempre che si scriva sulla sabbia… Bisogna di continuo riconfermare le aspettative e conquistare ogni volta la stima del pubblico.

Come si fa a “fare in modo che le cose continuino così”?
Evitando di sedersi sugli allori. Conservando la consapevolezza che, in fondo, non si arriva mai. Restando nel proprio mestiere fatto di possibilità, incontri, film. Lasciando da parte ciò che si è fatto per pensare a ciò che si deve ancora fare.

Sembra che tu non ami quel lato del tuo mestiere fatto di relazioni pubbliche.
Ma no… Certo, non amo la mondanità. Le feste che non servono a niente. Ma sono consapevole del fatto che le conferenze stampa, gli incontri, certi eventi sono parte integrante del mio mestiere e non mi creano alcun problema. L’importante è scegliere bene, come in tutte le cose.

LaPresse/Claudio Bernardi

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