Grosso guaio alla Sony. Gli hacker c’hanno messo lo zampino. Anzi, lo zampone. Riuscendo a piazzare un malware che per giorni ha impedito ai dipendenti di usare sia i computer che le mail aziendali. Sugli schermi troneggiava un teschio rosso con la scritta Hacked by #GOP (la sigla GOP indica il gruppo di hackers Guardians of Peace). Quando i tecnici sono riusciti a riattivare i server hanno dovuto constatare il furto e il relativo lancio in Rete di 5 nuovi film del colosso giapponese che ancora devono arrivare nelle sale, compreso Fury con Brad Pitt, Annie (con Jay-Z, Will Smith e altri) e Still Alice (con protagonista Julianne Moore). Pellicole finite su diversi siti di file-sharing e già scaricate gratuitamente almeno un milione di volte: il danno ammonta già a svariati milioni di dollari.
Un fatto gravissimo, come confermato anche dall’Fbi, che ha invitato tutti i grandi gruppi a fare molta attenzione perché il malware di cui sopra si annida nei server e può bruciare tutta la memoria. La stessa Sony si è rivolta a una società specializzata nella sicurezza informatica, la Madiant, perché Hacked by #GOP ha lanciato un messaggio ben preciso: “È stato solo l’inizio, abbiamo rubato i vostri segreti, vi colpiremo ancora“. Ma chi sono i responsabili di tutto questo? Gran parte dei sospetti cade sui nordcoreani, che possiedono un’unità di almeno tremila tecnici informatici specializzati nella cyber-guerra.
Il Governo della Corea del Nord, in altre parole, avrebbe compiuto un gesto così estremo per protestare contro il film The Interview, che uscirà a Natale e immagina un complotto della Cia per assassinare il leader nordcoreano Kim Jong Un Kim Jong-un durante un’intervista concessa a due americani, interpretati da James Franco e Seth Rogen. Già lo scorso giugno, quando è stato diffuso il trailer, il regime nordcoreano ha reagito malissimo, definendo la produzione “un atto terroristico, una dichiarazione di guerra” e minacciando “contromisure spietate”. Gli hacker fanno dunque parte di tali contromisure?
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