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The water diviner: Russell Crowe debutta alla regia con coraggio e una storia vera

Arriva nelle sale italiane oggi, 8 gennaio, The water diviner. Pellicola che segna l’esordio alla regia di Russell Crowe ed è tratta dalla vera storia di Joshua Connor, contadino e rabdomante australiano che nel 1919 – quindi poco dopo la fine della prima Guerra mondiale – intraprese un viaggio alla volta della Turchia per scoprire la sorte dei suoi tre figli, dati per dispersi durante la battaglia di Gallipoli, avvenuta nel ’15. Connor avviò la ricerca perché così aveva promesso all’amata moglie poco prima che lei morisse. Vivi o morti, voleva ritrovarli. Giunto a destinazione prese alloggio in un albergo e conobbe la proprietaria, Ayshe (Olga Kurylenko), il cui marito era morto al fronte e con cui in seguito ebbe una relazione. Nacque un forte legame anche col bimbo della donna.

RUSSELL CROWE, THE WATER DIVINER: TRAILER

A Gallipoli Connor incrociò la sua strada con quella dell’eroe di guerra turco Hasan, forse reale colpevole della sofferenza inflitta ai suoi figli. In un modo quasi imprevedibile strinse amicizia con l’ex nemico, coltivando la speranza di ritrovare vivo almeno il primogenito e trasformando il viaggio in una riflessione sulle guerre e sulla loro capacità di annullare le differenze geografiche e sociali tra persone, riducendo anche la loro stessa umanità. E’ stato coraggioso, Crowe, per questo suo debutto. Ha scelto una vicenda vera, non facile da raccontare, fra l’altro ambientata in un periodo storico – il dopoguerra – che in genere pare non esercitare grande fascino. Il messaggio è importante, basato fra l’altro sull’invito alla tolleranza e sulla capacità di perdonare anche dinanzi a grandi dolori.

In alcuni casi, come nella ricostruzione dell’agonia dei figli, Crowe ha optato per il flashback e si è dunque assunto tutti i rischi del caso: è uno strumento che può anche non essere apprezzato dallo spettatore, se non utilizzato con sapienza. L’obiettivo è chiaro: realizzare una pellicola di spessore, sotto ogni punto di vista. D’effetto. D’amore e morte, d’avventura, ricca di pathos. C’è riuscito? In buona parte sì, anche se la mancanza d’esperienza si avverte e spesso assume le forme della retorica. Il personaggio principale appare spesso poco definito, come se non avesse un’unica forma. E diverse parti del racconto risultano forse un po’ troppo romanzate. Ma si può passare sopra a queste lacune, se l’intenzione è quella di trascorrere una piacevole serata davanti al grande schermo e se non si hanno grandi aspettative. Russell è sempre Russell comunque…

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Redazione

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