Hungry hearts di Saverio Costanzo: quando un’ossessione diventa pericolosa

E’ uscito ieri, giovedì 15 gennaio, Hungry hearts, il nuovo film di Saverio Costanzo, presentato in concorso in anteprima alla settantunesima Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta di un thriller psicologico che ha fatto guadagnare ai due protagonisti Adam Driver e Alba Rohrwacher (rispettivamente nei panni di Jude e Mina) la Coppa Volpi, mentre al regista il Leoncino d’Oro Agiscuola. Il film è ispirato al romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso ed è la storia due due ragazzi che s’incontrano per caso e vengono travolti dalla passione. Dopo si sposano e diventano genitori. La donna però si convince che suo figlio è speciale e quindi gli vieta molte cose normali per un bambino. Per esempio lo tiene lontano dalla luce del sole. Il marito l’asseconda, fin quando non capisce che è arrivato il momento di reagire.

E’ il film che non ti aspetti. Con questo lavoro Costanzo ha dimostrato di aver raggiunto una certa maturità rispetto ai precedenti Caffè mille luci del 2001, Sala rossa del 2002, Private del 2004, In memoria di me del 2007 e La solitudine dei numeri primi del 2010. Il regista ha raccontato la storia senza filtri. Ed è forse questa la chiave vincente. Un esperimento sicuramente ben riuscito. Qualcuno ha detto che manca di coinvolgimento emotivo, ma non è assolutamente vero. Non possiamo negare che bisogna essere molto attenti per immedesimarsi nei personaggi, ma una volta riusciti nell’intento sarà facilissimo capire le loro sensazioni.

Ossessione è la parola d’ordine. Costanzo mette in scena i difetti dell’essere umano. A volte la mente può viaggiare su strade davvero strane. E soprattutto pericolose. Saverio avrebbe potuto dare vita ad un vero capolavoro, ma alcune imprecisioni a livello di sceneggiatura ed anche di regia abbassano notevolmente il livello della pellicola. Alcune sequenze scadono nel ridicolo. Sarebbe stato meglio non esagerare. Un’occasione sprecata?

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