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Laura Antonelli e quella “specie di malattia compulsiva”: regalava il suo denaro

Oggi è il 26 giugno. E’ il giorno dei funerali di Laura Antonelli, celebrati alle 16 presso la chiesa di Santa Maria del Rosario a Ladispoli. Da quando si è saputo della sua morte, ovvero dal 22, sono stati versati e sprecati fiumi di inchiostro. E’ emerso il ritratto di una donna terribilmente sola, una donna consumata, ferita nell’intimo, arresa. Ed è proprio contro tale descrizione che punta il dito Crescenzo Paliotta, sindaco di Ladispoli, il luogo in cui la celebre attrice aveva deciso di ritirarsi e in cui si sentiva accolta. Paliotta non ci sta: “Laura – dice tramite Il Corriere della Sera – non era ‘sola’, se non quando voleva e nella misura in cui desiderava esserlo: ogni giorno persone incaricate del Comune si recavano da lei, le facevano compagnia, oltre a tenere in ordine la casa“. Il suo grande problema, piuttosto, era un altro. Una sorta di patologia che l’aveva portata a prosciugare il suo patrimonio.

Paliotta si era affezionato alla Antonelli e aveva cercato in qualche modo di proteggerla. Sapeva che era stata vittima di truffe e raggiri da parte di persone che approfittavano della sua fragilità e l’avevano spinta sull’orlo della povertà. Laura aveva “una specie di malattia compulsiva“, così viene definita in una delle carte giudiziarie che la riguardavano: regalava, cioè, denaro a chiunque glielo chiedesse. E proprio per fermarla il Primo cittadino, come rappresentante dell’amministrazione comunale, per conto del tribunale indossava le vesti di “custode giudiziario” dei suoi averi. Un provvedimento che la dice lunga. Che in parte è servito e in parte no, perché non sempre era possibile controllare Laura.

Quando andai via quel giorno da Ladispoli – ha raccontato in un’intervista all’Ansa Lino Banfi, uno dei pochissimi amici veri, che è riuscito a vederla un’ultima volta nel 2007 e per lei tentò di ottenere la concessione della Legge Bacchelli – le lasciai un bel gruzzoletto di soldi, due minuti dopo vidi che ne dava tanti ad una persona che girava per la casa. Le dissi ‘ma Laura, li ho dati a te perché ne hai bisogno’. Lei mi rispose ‘c’e´ chi ne ha ancora più bisogno’. Ecco com’era“. E chissà, magari non era nemmeno una patologia, ma una scelta di vita ben precisa. Dettata anche da quella profonda fede in Dio che è stata sua leale compagna fino alla fine.

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Redazione

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