L’arte della fuga: dal 31 maggio sul grande schermo le fragilità della generazione dei quarantenni

Il film L’arte della fuga, di una dolcezza malinconica tipicamente francese, diretto da Brice Cauvin, sarà nelle sale italiane a partire da giovedì 31 maggio distribuito da Kitchen Film. E’ una commedia sull’amore ma anche sull’estrema difficoltà della nuova generazione di quarantenni a prendersi le responsabilità della vita. Protagonisti ne sono tre fratelli, tutti con alle spalle esperienze sentimentali diverse: una dolorosa separazione, un futuro matrimonio che spaventa, l’acquisto condiviso di una casa che segna l’inizio di una relazione più stabile. Ognuno, a modo suo, cerca di posticipare il “tempo delle scelte”, correndo il rischio di prendere la fatidica decisione nel momento più sbagliato.

Una famiglia come tante: padre e madre, commercianti da una vita, che non vedono l’ora di vedere i figli “sistemati”. I tre “ragazzi”: Antoine, interpretato da Laurent Lafitte, sembra prossimo alla stabilità visto che sta per acquistare una casa con il suo fidanzato Adar. Louis, ovvero Nicolas Bedos, sta per sposarsi con la bella Julie ma, lavorando a Bruxelles, si è innamorato “in loco” di Mathilde. Gerard, interpretato dall’ex marito di Chiara Mastroianni, e padre della sua seconda figlia, Benjamin Biolay, è stato lasciato dalla moglie Helen e passa la sua vita attendendo il suo ritorno.

Sono tutti e tre più o meno quarantenni, non più ragazzi ma uomini che, però, stentano a decollare. Hanno paura del futuro, sono confusi, hanno in mente l’idea che fare una scelta significhi precludersi tutte le altre. Nonostante non possano più permetterselo, hanno atteggiamenti dolcemente infantili, sono ingenui e spaesati. Antoine sogna il ragazzo con cui ha avuto una fugace relazione, Alexis. Lui vive a Bruxelles, dove lavora suo fratello Louis, vederlo non sarebbe nemmeno troppo difficile se non fosse che ad Antoine manca il coraggio di fare anche quello che vorrebbe.

Louis è travolto da un amore adolescenziale che gli ha fatto dimenticare tutto e tutti. Ha lasciato a Parigi una promessa sposa a cui non telefona quasi mai e con cui ha smesso di fare progetti. Sono solo i suoi genitori che, caparbiamente, continuano a organizzare queste nozze a cui, forse, non crede più nessun altro. Gèrard è tornato alla fase “studente-disoccupato”: dopo essersi sposato e aver avuto un figlio, una volta lasciato dalla moglie è tornato a vivere con i suoi genitori, lavora quando gli va nel loro negozio, passa la giornata steso sul letto a ricordare l’amore che fu.

E’ come se questi ragazzi aspettino che la vita decida per loro: in quel caso, anziché sentirsi responsabili delle proprie scelte, ne subirebbero semplicemente le conseguenze. Tra un tentennamento, un dubbio, un’incertezza, passano il tempo a cercare di rimandare l’inevitabile. Una condizione fedelmente riportata su pellicola dal regista Cauvin, che, sullo sfondo di una Parigi romantica e avvolgente, evidentemente conosce a perfezione il reale disagio dei quarantenni della nuova generazione. Immagina i loro pensieri, da vita alle loro angosce più profonde. Descrive minuziosamente i piccoli passi avanti, e cento indietro, fatti per “diventare grandi”.

Dolce, un po’ sospeso, molto francese, L’arte della fuga lascia nello spettatore il rimpianto di non sapere cosa accade ai protagonisti oltre la scritta “fine”.

Photo credits: L’arte della fuga Press Office, Studio Punto&Virgola

 

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