“Baby”, questo venerdì su Netflix la serie ispirata alle baby squillo dei Parioli

Intriganti. Coinvolgenti. Decisamente di livello. Abbiamo visto in anteprima le prime due puntate della serie TV “Baby” (sei episodi complessivi, disponibili su Netflix da venerdì 30 novembre) e la prima cosa che abbiamo pensato è stata “Ma quanto dobbiamo aspettare per vedere il seguito?”. Eh già, perché è davvero difficile non farsi intrappolare nelle maglie dell’arguta scrittura e costruzione dei personaggi, non lasciarsi ammaliare dalla bellezza e dalla qualità delle immagini, non farsi catturare dal ritmo del montaggio.

 

“Baby”, su Netflix la serie in sei episodi liberamente ispirata al caso delle squillo dei Parioli

La serie (realizzata in poco più di un anno e prodotta dalla Fabula Pictures di Nicola e Marco De Angelis) è liberamente ispirata alle vicende delle baby squillo dei Parioli, caso di cronaca che ha scioccato e indignato l’opinione pubblica nell’autunno del 2013, quando venne scoperto un giro di prostituzione minorile in cui erano coinvolte alcune minorenni di uno dei quartieri più ricchi e facoltosi di Roma.

La vicenda di “Baby” segue le vite di un gruppo di adolescenti provenienti da famiglie “bene”, tutte in qualche modo disfunzionali: c’è Chiara (Benedetta Porcaroli), bionda figlia unica di genitori separati in casa, posata e sempre perfetta nel suo essere rispondente all’immagine che tutti si aspettano da lei. C’è Ludovica (Alice Pagani), tormentata, ribelle e precoce, sempre in cerca di amore e di conferme dagli altri, aggressiva nel look e spesso anche nei modi. Poi c’è Damiano (Riccardo Mandolini), coatto figlio di un ambasciatore che mal si adatta al cambiamento di vita e di quartiere (dalla periferia ai Parioli) in seguito alla morte della madre. C’è Fabio (Brando Pacitto), figlio del Preside del Liceo Collodi (frequentato da tutti i ragazzi della serie), che combatte con la scoperta della sua vera sessualità e con un padre oppressivo che controlla ogni suo passo; ci sono i fratelli Camilla e Niccolò (Chabeli Sastre Gonzalez e Lorenzo Zurzolo), soffocati dalla loro vita borghese, e c’è Brando (Mirko Trovato), che vorrebbe avere sempre tutto sotto controllo e cerca di dettar legge tra i suoi amici. E poi ci sono i genitori, la mamma di Ludovica, Simonetta (Isabella Ferrari), ingenua, fragile, incapace di prendere in mano le cose della vita. C’è la matrigna di Damiano, Monica (Claudia Pandolfi), una donna all’apparenza forte e pratica ma in realtà chiusa in una gabbia dorata dalla quale è pronta a scappare. E ci sono mamma e papà di Chiara, Elsa (Galatea Ranzi) e Arturo (Massimo Poggio), perlopiù assenti o incapaci di stabilire un legame vero e profondo con la figlia. Dall’incontro di tutti questi giovani, e dallo scontro con il mondo dei grandi, nascono le vicende e le sventure raccontate in “Baby”, che approfondisce soprattutto il rapporto di amicizia tra Chiara e Ludovica e il loro lento ma inesorabile avvicinarsi al mondo della prostituzione, sorta di via di fuga da vite non volute o insoddisfacenti. “Perchè il bello di avere una vita nascosta è che non sai mai cosa aspettarti da essa” afferma Chiara all’inizio del primo episodio.

Benedetta Porcaroli e Alice Pagani sono le protagoniste di “Baby”

In “Baby” ci sono i telefonini, la vita sempre più legata ai social e al dover apparire a tutti i costi, al dover essere presenti e felici su Instagram e Facebook. Ci sono le doppie vite, dei ragazzi e dei genitori; le apparenze, il più possibile impeccabili all’esterno, quasi sempre capaci di nascondere ombre e segreti nella realtà; c’è la necessità di trasgredire e a volte di dimenticare un presente che non si vuole.
Ciò che stupisce di questa young-adult series è la maestria con cui sono tratteggiati i personaggi (che crescono di munito in minuto), la bravura dei giovani attori (ognuno perfettamente in parte), la bellezza con la quale è dipinta una Roma che appare attraente ma piena di tranelli (diffuso l’uso di droni e panoramiche spettacolari), il ritmo del montaggio serrato ed efficace del bravissimo Pietro Morana (montatore dei film di Checco Zalone, di “Benedetta follia” di Carlo Verdone e di “Io c’è” di Alessandro Aronadio, tra gli altri).

“Baby”, storia neoromantica e dark di crescita e disagio giovanile

Al timone registico della serie ci sono Andrea De Sica (già dietro la macchina da presa de “I figli della notte”, pluripremiato debutto registico dell’anno scorso) e Anna Negri (regista di “Riprendimi” e “L’amore proibito”), per i quali “Baby” ha rappresentato una sfida appassionante e la possibilità di mettersi alla prova con la serialità televisiva.
“Per me è stata una grandissima opportunità” ha affermato De Sica in conferenza stampa. “Ho 36 anni e ho fatto solo un film, tra l’altro, non commerciale. Dare la mia visione a questa serie è stato intrigante, soprattutto perché è un lavoro di squadra complesso e intenso”.
Da parte sua Anna Negri ha dichiarato: “Il mio compito era di portare uno sguardo femminile alla storia. Mi sono trovata immersa in un racconto che è molto empatico, in cui oltre alle divisioni tra mondo maschile e mondo femminile, c’è anche la divisione tra generazioni. Credo che sia io che Andrea siamo riusciti ad avere uno sguardo corale suo disagio che vivono tutti i personaggi”.

Andrea De Sica è il regista di “Baby” insieme a Anna Negri

La vicenda di “Baby” è liberamente ispirata alle baby squillo dei Parioli, ma non ha alcuna volontà di denuncia sociale; è soprattutto una storia corale di coming of age, in cui tutti i personaggi sono accomunati da un senso di inadeguatezza e sofferenza che ce li fa sentire vicini. “Baby parla di adolescenti che hanno un disperato bisogno d’amore” precisa il regista Andrea De Sica. “E’ soprattutto una storia di ricerca di identità, romantica e dark allo stesso tempo. Noi vogliamo cercare di scoprire il lato oscuro dei loro caratteri, fornire una visione dell’adolescenza, senza dare giudizi su quell’età in cui forse si affrontano le sfide più importanti della vita. L’aspetto della prostituzione c’è, ma non è immediato e tanto meno sensazionalistico. Nello sviluppo della serie ci saranno le risposte alle domande pruriginose. C’è anche un ribaltamento di ruoli tra giovani e adulti, e questo è molto inquietante”.
Notevole la capacità di scrittura del collettivo GRAMS, composto da cinque giovani autori: Antonio Le Fosse, Re Salvador, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti e Giacomo Mazzariol. Isabella Aguilar e Giacomo Durzi sono stati i capo sceneggiatori e coautori di serie, che con la loro esperienza hanno completato il team di scrittura dello show.

Scontri generazionali e problemi dell’adolescenza in “Baby”

Riuscirà “Baby” ad essere compreso in tutti e 190 i Paesi in cui sarò distribuito dal 30 novembre? Crediamo di sì. E lo crede anche Netflix, a detta di Kelly Luegebiehl, capo delle produzioni originali per l’Europa e l’Africa: “La prima cosa che cerchi quando vuoi realizzare una serie è la specificità, e “Baby” ce l’ha” ha dichiarato in conferenza stampa. “Quando guardi gli episodi entri in questo quartiere, in questa comunità, ti innamori di questi personaggi, ed è grazie ad essi che la serie viaggia e attraversa il mondo”.
Di certo la visione dei primi due episodi di “Baby” ci ha intrigato, e ci ha fatto venire la voglia di vedere come questa storia andrà a finire. L’appuntamento per tutti è questo venerdì, 30 novembre, su Netflix.

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