Code Black: quando i medici americani diventano veri eroi

VANESSA CROCINI DA LOS ANGELES – Se siete sensibili ad ospedali e sangue, Code Black non fa per voi. Siamo ben lontani dalle puntate di ER con George Clooney, ma di certo i protagonisti di questo documentario hanno tutti i diritti di essere chiamati eroi. Diretto da Ryan McGarry, filmmaker e medico, Code Black è sicuramente uno dei documentari più importanti sulla tematica dell’assistenza sanitaria nei pronto soccorso americani.

Il film inizia con l’arrivo di una vittima ferita con un’arma da fuoco nel C-Booth, il dipartimento di emergenza all’ospedale pubblico della contea di Los Angeles, dove il regista stesso stava iniziando la sua formazione nel 2008. Come studente era in soggezione perché aveva sentito parlare molte volte dell’abilità dei medici in questa unità e del loro spirito di cameratismo anche in situazioni tragiche. Il lavoro del medico non è mai apparso così poco affascinante: gli spazi angusti, i pazienti in condizioni pietose e medici affollati uno sopra l’altro. Il regista aveva iniziato a girare per creare una sorta di materiale d’archivio del C-Booth, prima che chiudesse definitivamente per essere ricollocato in un nuovo palazzo a norma di legge antisismiche.

La particolare sezione del Los Angeles County General accoglie tutti i giorni centinaia di persone che non possiedono alcun tipo di assicurazione medica; in altre parole, gli abitanti più poveri della città degli angeli. Ma proprio perché si tratta di un ospedale pubblico, la contea di Los Angeles riceve un troppo elevato numero di pazienti che vengono spesso allontanati o mandati altrove se non sono da bollino rosso. Da qui il titolo del documentario: Code Black è il termine usato per descrivere lo stato di allerta della sala d’attesa piena di pazienti che devono essere visitati e che possono arrivare anche ad aspettare, a volte, anche fino a 18 ore di fila.

Il film, che ha vinto il Premio del pubblico alla ultima edizione del Los Angeles Film Festival e che è stato proiettato ben quattro volte durante il festival (cosa mai successa per un documentario), sottolinea come la linea tra la vita e la morte sia molto sottile. Corpi più morti che vivi entrano ed escono nel C-Booth e la camera è sempre lì che cattura ogni momento senza mai diventare l’occhio squallido di una telecamera alla Grande Fratello.

McGarry riesce a mostrare come quel luogo quasi sacro per lui e gli altri dottorandi di medicina li abbia formati non solo a livello professionale ma anche sotto un profilo umano perché la struttura stessa permetteva un contatto più “fisico” con il paziente. La differenza tra le scene nel C-Booth e quelle nella nuova struttura ospedaliera accentua ulteriormente l’approccio sempre più impersonale del rapporto tra dottore e paziente negli Stati Uniti. I pro e i contro vengono elencati dai giovani dottori che, intervistati in ospedale oppure in un ristorante, parlano della loro missione e di come cercano di alleviare la sofferenza dei loro pazienti e mantenere i loro ideali in un sistema pieno contraddizioni.

McGarry pone una domanda molto importante: che tipo di società vogliono essere gli Stati Uniti? Se si sta perdendo la fede nel sistema per cui si lavora, come si può insegnare e ispirare una nuova generazione di medici? C’è un modo per cambiare le cose? Code Black è un documentario “vero”, senza filtri, le cui scene si dimenticano difficilmente.

Foto by V.C.

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