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Let The Fire Burn, il documentario scomodo per la storia americana

VANESSA CROCINI DA LOS ANGELES – La storia ci insegna molto, soprattutto quella relativa ad eventi troppo scomodi e ancora irrisolti. Let The Fire Burn, documentario diretto da Jason Osder, è dedicato a un capitolo tragico della storia americana: i duri scontri tra la polizia di Philadelphia e il collettivo afro-americano Move, iniziati alla fine degli anni Settanta e culminati il 13 maggio del 1985 con la morte di 11 membri di Move, tra cui sei bambini, a causa degli esplosivi mandati dalla polizia sulla casa simbolo del movimento. Le fiamme, inoltre, distrussero 61 case nel quartiere operaio nero e lasciando 250 persone senza una dimora.

Let The Fire Burn è un film magistrale perché montato con sole immagini d’archivio: quelle tratte da un documentario su Move girato nel 1970 e le riprese televisive di troupe locali nel fatidico giorno degli incendi; la narrazione è frutto dell’alternanza fra le riprese della deposizione videoregistrata del tredicenne Birdie Africa, figlio del fondatore di Move John Africa, uno dei soli due sopravvissuti agli incendi del 1985, e le riprese di un’udienza condotta da una speciale commissione investigativa di Philadelphia per capire nel modo più chiaro possibile, tramite le parole di alcuni poliziotti e due donne ex membri del collettivo – ciò che successe quel giorno e perché.

Move era un’organizzazione radicale del Partito delle Black Panthers, che appariva come un movimento separatista e anarchico contro il sistema politico di allora ritenuto corrotto. Professava una vita semplice, il ritorno al contatto con la madre Terra, una dieta fatta di cibi crudi e l’inutilizzo dell’elettricità. In caso di attacco, i membri del collettivo erano disposti ad usare la forza estrema per difendersi. Frank Rizzo, l’allora sindaco conservatore di Philadelphia, fu inorridito dai loro metodi radicali e diede ordine alla polizia di agire in maniera sempre più dura.

Nel 1978, durante una sparatoria, vennero uccisi un poliziotto e nove membri di Move furono condannati per omicidio, portando l’organizzazione a convincersi sempre di più che la polizia era pronta a portare il movimento verso il basso. Nel 1985, dopo le molte lamentele dei vicini, la polizia decise di intervenire al fine di sfrattare il gruppo dalla loro casa. Dopo le pistole e i gas lacrimogeni, fu presa la decisione di lanciare degli esplosivi per poi lasciare che l’incendio si consumasse interamente facendo morire quelle undici persone. L’indagine porta ad un risultato scioccante: le forze dell’ordine avevano agito con negligenza in quel giorno e dunque nessuno fu accusato.

Il regista, professore associato presso la George Washington University, è bravissimo nel mostrare come le differenze culturali si siano trasformate in un razzismo paranoico e quasi surreale per quei tempi. Il lavoro di montaggio e di costruzione della storia è durato ben dodici anni e coinvolge lo spettatore in una vera e propria investigazione piena di momenti di suspence e mistero tra le azioni moleste della polizia e i principi del collettivo. Alla fine lo spettatore, nonostante sappia come va a finire la storia, rimane sconcertato dalla negligenza nel quale è stato lasciato questo caso. Ci sono confronti forti tra spiegazioni filosofiche che giustificherebbero le scelte del movimento ma che invece vengono continuamente negate o messe in dubbio.

Let The Fire Burn è una rivisitazione del passato che ci educa su una tragedia che la storia americana ha cercato di far dimenticare o far passare inosservata: senz’altro può essere considerato uno dei migliori documentari del 2013.

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