Il nome del figlio, Francesca Archibugi torna con una commedia agrodolce

Conferme ed esperimenti. Francesca Archibugi parte ancora da un’opera altrui per creare il proprio film. Per la prima volta, però, si cimenta con una commedia. Il risultato è Il nome del figlio, che sarà nelle sale dal prossimo 22 gennaio e il cui cast è composto da attori dalla stoffa indiscussa: Alessandro Gassman, Rocco Papaleo, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio e Micaela Ramazzotti. La fonte d’ispirazione è la pièce teatrale Le prénom di Alexandre De la Atellière e Matthieu Delaporte, già trasposta in Cena tra amici (2012) per la regia degli stessi autori; la sceneggiatura, firmata dalla Archibugi insieme a Francesco Piccolo, conserva l’ossatura del testo originale ma personalizza i personaggi tenendo conto del fatto che non sono francesi bensì italiani.

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Gassman indossa i panni di Paolo, agente immobiliare dal temperamento assai vivace ma tutt’altro che cristallino; sua moglie Simona ha le sembianze della Ramazzotti, viene dalla periferia e ha scritto un best seller parecchio piccante. Aspettano un figlio. Paolo ha una sorella, Betta alias Golino, insegnante, mamma e moglie tenera ma arrendevole. Betta ha avuto due bambini da Sandro-Lo Cascio, professore universitario nonché scrittore di nicchia un po’ frustrato. In mezzo a queste due coppie c’è l’amico d’infanzia Claudio (Papaleo), bizzarro musicista che apparentemente dà una mano nella conservazione degli equilibri ma in realtà è fin troppo ambiguo. Tutti e cinque si ritrovano a cena. Se ne dicono di tutti i colori, dispensano sfottò e sarcasmo, arrivano a litigare e pure insultarsi. Il loro rapporto è sempre stato così. Ma in fondo si amano. E parecchio, anche.

Fra quelle quattro mura accade dunque qualcosa che è intimo e al contempo universale, perché i personaggi diventano simbolo di modelli umani diffusi ovunque. E perché spesso i grandi legami sono accompagnati da grandi contrasti. La funzione della commedia, ovvero quella di donare leggerezza e far sorridere, è assolta. Parallelamente si sviluppa un retrogusto amaro che, però, avvicina ulteriormente lo spettatore. E’ un film in cui ci si immedesima con facilità, un film in cui gli interpreti hanno grandi responsabilità e non tentano nemmeno di sfuggirle anzi se le prendono tutte, con gioia e talento. Come tutte le prime volte, anche questa ha qualche piccola sbavatura ma il tiro si perfeziona con l’esperienza. La Archibugi, intanto, può già considerarsi soddisfatta. Perché il suo ritorno dietro la macchina da presa si è tradotto in un film coraggioso, di qualità, capace di far riflettere. La sua mancanza si è sentita.

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