Noi e la Giulia: i 40enni, il piano B e una risata per seppellire i “cattivi”

Una risata li seppellirà: è questa la frase che i protagonisti di Noi e la Giulia (qua il trailer ufficiale) hanno scelto come simbolo, leit motiv, sintesi del film. Seppellirà chi? Nel caso specifico, (magari) la criminalità organizzata che tenta di posare i suoi tentacoli su quell’agriturismo; più in generale, una risata (magari) seppellirà tutti coloro che mirano a violentare i sogni altrui, reprimere la voglia di riscattarsi con un piano B e la voglia di fare “qualcosa di bello”. Noi e la Giulia è il terzo film da regista di Edoardo Leo, dopo Diciotto anni dopo e Buongiorno papà. Come nei due casi precedenti, Leo ha anche scritto la sceneggiatura – stavolta con Marco Bonini – ed è fra gli interpreti. Con lui, a comporre il cast, Claudio Amendola, Luca Argentero, Stefano Fresi, Anna Foglietta e Carlo Buccirosso. Noi e la Giulia è tratto dal libro di Fabio Bartolomei Giulia 1300 e altri miracoli. Leo lo dice chiaramente: è la realizzazione di un sogno. E’ un crocevia. La prosecuzione del suo percorso da regista dipendeva da questa pellicola. Della serie “o la va, o la spacca”. E la va, eccome se la va. Più di qualcuno crede che lo sberleffo e l’ironia siano le migliori armi per danneggiare veramente l’immagine della mafia, della camorra, delle ‘ndrine e di tutti i mondi appartenenti a quella costellazione malata. Perché se il malavitoso viene dipinto come un duro, un supereroe, uno “arrivato” che gode di rispetto e privilegi, allora l’idealizzazione è una conseguenza inevitabile. Se invece lo si prende in giro… Beh, la voglia di emularlo può passare.

Diego (Argentero), Fausto (Leo) e Claudio (Fresi) sono 3 quarantenni insoddisfatti delle rispettive esistenze. Anzi, sono proprio 3 falliti. Che, però, non hanno ancora perso la speranza di salvarsi in calcio di rigore. Con un piano B, appunto. Vogliono fuggire dalla città per ricominciare tutto da un agriturismo, non si conoscono ma diventano soci per realizzare l’impresa. A loro successivamente si uniscono Sergio (Amendola), un cinquantenne con un passato da comunista militante che non riesce ad accettare il presente, ed Elisa (la Foglietta), rimasta incinta di chissà chi, un po’ bizzarra ma anche inaspettatamente concreta. Poi c’è Vito (Buccirosso), il galoppino mandato per chiedere il fatidico pizzo. Ma l’audace brigata, quel pizzo, proprio non vuole darlo. E prende così il via una resistenza a tutti i costi, a oltranza, che si traduce anche in una serie di gesti a dir poco improbabili. Cose del genere non potrebbero mai succedere nella realtà. Succedono in questa commedia e sì, d’improvviso gli impettiti camorristi appaiono ridicoli. Non più quasi invincibili. Ridicoli, dal latino “ridiculus”, dal verbo ridēre. Una risata li seppellirà.

Si badi bene, però. Leo non intende mandare un messaggio sociale, fare denuncia civile o cose del genere: “Io sono un commediante e racconto storie attraverso la lente della commedia. Il mio scopo è quello di far divertire il pubblico ed emozionarlo“. All’inizio del film si sente la voce fuori campo di Diego/Argentero: “Siamo la generazione del piano B. Lavorare in questo Paese fa così schifo che quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città comincia a elaborare il tuo piano B. A 20 anni era il chiringuito sulla spiaggia. A quaranta, quasi sempre, si tratta di un agriturismo“. Ma insomma ci riusciranno, i nostri “eroi” quotidiani? Il finale è aperto, sta allo spettatore prende l’ultima decisione. E una delle cose più belle è che questo film è girato in sequenza: le prime scene sono davvero le prime, le ultime sono davvero le ultime. Una scelta registica resa possibile dal fatto che praticamente tutta la vicenda si svolge in quel casale collocato in un Sud non definito (in realtà è a Matera), che gradualmente viene rimesso a nuovo e si trasforma. Così come si trasformano gli interpreti: sempre più stanchi, sempre più abbronzati, sempre più affiatati. E a proposito di trasformazione, Leo ha puntato anche sui look. Studiandoli, definendoli e pure imponendoli, se necessario. Argentero, per esempio, non condivideva l’idea di parlare un po’ come Macario. Ma alla fine s’è “miracolosamente” convinto (“Luca, tu il film lo fai così…“). Fresi ha preso il coraggio a due mani e s’è fatto rasare, ma parzialmente: ha i capelli soltanto ai lati e questo basti. Amendola ha la barba lunga e un sigaro perennemente in bocca, lo stesso Leo è un coatto romano con Rolex in bello vista e codino trucido. Anna Foglietta? “Mi sono fatta mettere incinta apposta“, scherza lei. Che quando sono iniziate le riprese era al settimo mese. E’ una commedia, signori. Scritta bene, girata bene, recitata bene. Ora, naturalmente non mancheranno i detrattori, non mancherà la ricerca spasmodica del difetto. Ma chi lo sa? Magari una risata li seppellirà.

Noi e la Giulia esce il 19 febbraio per un totale di 380 copie. A produrlo, Fulvio e Federica Lucisano insieme a Warner Bros. Pictures.

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