Wild, Reese Whiterspoon sfida la natura selvaggia per uscire dal tunnel

E’ nelle sale italiane dal 2 aprile Wild, nuovo film con protagonista Reese Whiterspoon diretto da Jean-Marc Vallée, già regista dell’ottimo Dallas Buyers Club. E se questa volta non sono arrivati gli Oscar, di certo c’è mancato poco. Le premesse c’erano tutte, a cominciare dalla potenza della storia. La storia vera di Cheryl Strayed (la sceneggiatura è tratta dalla sua autobiografia), donna che per uscire da un tunnel distruttivo – fatto di droga e sesso occasionale – decide di percorrere a piedi e da sola 1.100 miglia, mettendosi alla prova sotto ogni punto di vista. Dal Deserto del Mojave alla regione del Pacific Northwest, la Strayed si è lasciata alle spalle la civiltà per rifugiarsi fra la natura più selvaggia, cambiando prospettive e annullando le abitudini, analizzando se stessa e cercando anche nuove strade metaforiche da percorrere per riscoprire il senso della vita.

Con l’aiuto dei flashback lo spettatore scopre il suo passato e capisce il motivo di una decisione così estrema; impara a conoscere questa donna, le sue debolezze, la grande voglia di riscatto nonostante tutto e tutti. Anche la rabbia che nutre verso se stessa per essere scivolata in una spirale che pareva senza uscita. E l’orgoglio per aver infine trovato la voglia di provarci. Scegliendo senza dubbio il modo più difficile, con quella follia che a volte può davvero essere salvifica. Scena dopo scena l’immedesimazione con questo personaggio aumenta e sembra di non essere più accomodati nella poltroncina del cinema ma lì, insieme a Cheryl, ad affrontare con lei quel viaggio e a tifare affinché la vittoria finale – personale – venga conquistata.

I panorami sono splendidi, l’approccio naturalista è fra le caratteristiche più imponenti del film e dà forma a quella che è l’aspirazione segreta di tanti “cittadini”: mollare tutto e tornare a un’esistenza quasi primitiva, libera da condizionamenti di sorta, anche ribelle. Il prezzo da pagare, quando ci si abbandona a tale sogno, spesso resta nell’ombra. Invece Wild lo mette in scena con chiarezza: coincide con le parole “sacrificio”, “solitudine”, “difficoltà”. Eppure continua a valerne la pena. “Chi ca..o me l’ha fatto fare?“, si chiede a un tratto Cheryl. Lo zaino pesa, i piedi fanno male e sanguinano, le idee non sono ancora chiare. E ci saranno pure incontri scomodi. La risposta arriverà, eccome se arriverà. Insieme alla guarigione. E la Whiterspoon è stata brava. Molto brava. Nonostante alcune fragilità della sceneggiatura e un montaggio a volte troppo discontinuo e irrequieto. Insomma, le sbavature non mancano. Ma le emozioni emergono ugualmente. Con forza.

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