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Categorie: Recensioni

La corrispondenza, Giuseppe Tornatore racconta l’amore assoluto e tecnologico

Circa quindici anni fa Giuseppe Tornatore mise a fuoco uno spunto narrativo. Gli piacque. Pensò di farne un film, ma abbandonò l’idea perché ne sarebbe venuta fuori una storia di fantascienza. Il tempo è passato, tante cose sono successe e tanti traguardi l’uomo ha raggiunto grazie alla tecnologia. Così, quello spunto non è apparso più roba dell’altro mondo, ma al contrario qualcosa di assai concreto e fattibile. Il regista siciliano ha deciso dunque di rimetterci le mani, sviluppandolo per portarlo sul grande schermo: è questa la genesi de La corrispondenza, sua nuova fatica, nelle sale dal 14 gennaio per un totale di circa 400 copie. Prodotto da Paco Cinematografica con Raicinema, riconosciuto d’interesse culturale dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, il film è costato 10 milioni di euro e ha come protagonisti il sempre immenso Jeremy Irons e la sua splendida – è davvero di una bellezza che mozza il fiato – collega Olga Kurylenko. Insieme, però, hanno girato soltanto una scena. E poi condiviso una conversazione su Skype. Dopo di che hanno recitato a distanza.

Perché a distanza è il rapporto clandestino vissuto dai due personaggi, rispettivamente un noto professore di astrofisica e una sua studentessa fuori corso. Si innamorano, ma sul serio. Un legame segreto e profondo che va avanti per sei anni, fatto di incontri fugaci in stanze d’albergo e di un flusso ininterrotto di chat, messaggi, telefonate. Nonostante debba accontentarsi di “ritagli”, Amy è appagata. Studia e si guadagna da vivere facendo la controfigura per cinema e tv; è specializzata nelle scene spericolate, nelle situazioni che davvero minacciano la sua vita. Il motivo? Le piace riaprire gli occhi dopo ogni “morte”. E’ come se si sentisse invincibile. Ma è anche come se espiasse quella misteriosa colpa che è convinta di portarsi addosso e di cui non ha parlato con nessuno, nemmeno con Ed.

Ed, che però a un certo punto sparisce. Ma solo fisicamente. Perché in realtà non abbandona Amy. E così comincia la corrispondenza del titolo, continua, a tratti paradossale, fatta anche di numerosi videomessaggi. Cosa succede? Dov’è finito il Professore? Non possiamo dirlo, benché Tornatore risponda durante il primo quarto d’ora di programmazione. Qualsiasi spoiler è comprensibilmente vietato. Possiamo dire, però, che l’intento di Tornatore è quello di accostare la perfezione logica della tecnologia a “l’ineffabile che a volte sappiamo cogliere anche se non riusciamo a definire“, a “quel tipo di percezione che abbiamo tramite l’istinto e che consente di captare cose prima che avvengano“. Sono dettagli lungo la strada narrativa. E’ lo sguardo di un cane sconosciuto, è una foglia che quasi magicamente s’attacca a un vetro e poi vola via. E’ anche “il sogno eterno – continua Tornatore – dell’uomo, la speranza di estendere la propria avventura esistenziale e che si concretizza, sia pur in parte, proprio grazie alla tecnologia“. Ma il destino si può manipolare fino a un certo punto, dopo di che si fa davvero indomabile. E così Amy, ma in qualche modo anche Ed, devono arrendersi alla realtà. Poco importa, perché comunque certi amori sono duri a morire.

Hanno scritto alcune recensioni severe nei confronti di questo film, hanno mosso nei confronti di Tornatore svariate accuse circa l’esilità della trama e dalla sceneggiatura, della regia stessa, della performance da parte dei due attori. Hanno parlato di banalità, povertà narrativa, forzature. Beh, noi non ci associamo. Nonostante il livello non sia quello raggiunto con suoi precedenti titoli, compreso il penultimo ovvero La migliore offerta, dal nostro punto di vista ancora una volta Tornatore ha mostrato il suo valore. Ha messo in campo la capacità di differenziarsi rispetto alla proposta italiana. Ma una cosa è vera: il suo cinema non è per tutti. Non lo sarà mai. E in fondo è giusto così.

Foto by ufficio stampa

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