Auguri a Thomas Milian, 80 anni da mito

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Ci sono veri personaggi cult, Thomas Milian è uno di questi. Compie oggi 3 marzo la bell’età di 80 anni, e ancora oggi viene ricordato come un simbolo del cinema italiano durante il ventennio ’60-’80. Cubano d’origine, nasce sull’isola nel 33 fugge da L’Havana nel ’57 dopo aver assistito al suicidio del padre. Approderà come tanti a Miami, negli Stati Uniti, dove otterrà la cittadinanza. Milian studia arte drammatica nella capitale della Florida, poi si trasferisce a New York, dove quasi casualmente entra nell’Actor’s Studio. Dopo un paio d’anni di lavori teatrali a Broadway e qualche parte in TV, approda in Italia nel 1959, e quasi per caso facendo il mimo al Festival di Spoleto viene notato da Bolognini che lo scrittura.

Dal 1960 lavora in pellicole drammatiche di grande spessore, film di tra gli altri Alberto Lattuada, Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini. Poi dal 1967 diventa un’icona dello spaghetti western, con Sergio Sollima e Lucio Fulci dietro la macchina da presa – indimenticabile il suo personaggio “Chaco“. Negli anni ’70 passa al poliziottesco, in chiave drammatica con i film di Umberto LenziRoma a mano armata“, “Il giustiziere sfida la città“, “Milano odia: la polizia non può sparare” – violentissimo “Milano Odia…”: qui Milian ha un ruolo da villain sadico, ancora oggi impressionante – e “La banda del gobbo“.

Ma sono i poliziotteschi grotteschi e comici, nei quali lui interpreta lo storico poliziotto romanesco e anticonvenzionale “Er Monnezza“, a consacrarlo presso il grande pubblico: una sfilza di “Squadra Anti…” e “Delitto al…” mandati in sala con cadenza quasi semestrale che, pur essendo prodotti “alla buona” per il pubblico più popolare, ancora oggi fanno sorridere nella loro ingenua grevità. Le pellicole più note sono quasi tutte della mano del suo sodale regista, Bruno Corbucci. Spesso Milian con l’attore comico Bombolo, al secolo Franco Lechner, intrecciava duetti e scenette irresistibili. Impossibile non citare poi l’amicizia di Thomas Milian con il suo storico doppiatore, Ferruccio Amendola. Il figlio Claudio Amendola ha provato a dare volto al “Ritorno del Monnezza” nel 2005 con la regia di Carlo Vanzina, ma con scarsi esiti se non nostalcigi sorrisi.

Con la fine degli anni ’80 finisce anche l’era “Er Monnezza“. Ormai saturo, forse stanco della comicità, torna a ruoli drammatici, ma sempre più radi. Lavora con Bernardo Bertolucci e Michelangelo Antonioni prima di ripartire per gli Stati Uniti. Lavorerà con Tony Scott, Steven Spielberg, Sidney Pollack, ma in ruoli minori. Lo ricordiamo, irriconoscibile, nel ruolo di un generale in “Traffic” di Steven Sodebergh. Ormai vive stabilmente a Miami, ma nel 2011 è tornato in Italia dopo un distacco durato 20 anni, per il progetto di una serie TV, “Roma Nuda“, mai andato in porto. In ogni caso ha espresso pubblicamente il desiderio di venir sepolto, al momento della sua morte, sotto la terra di Roma, una città che gli ha dato tanto e non lo ha mai dimenticato.

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