S’intitola semplicemente “Carlo!” ed è il documentario dedicato a Carlo Verdone, diretto da Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni. Già molto apprezzato all’ultimo Festival di Roma, sarà nelle sale del circuito The Space il 3,4 e 5 giugno. “Sono contento – commenta Verdone nel corso di un’intervista a Repubblica – è un documentario che dedico a chi mi vuole bene e a chi mi ha seguito in tutti questi anni, e sono 34“. Vietato fraintendere, però: “Non è un documentario d’addio, per carità. Poteva sembrare un epitaffio. Ma mi sono messo d’accordo con gli autori: non è una celebrazione, sarebbe stato sbagliato, ma un documentario in cui io parlo sinceramente di quello che il pubblico intuisce nei miei film ma che in realtà ancora non comprende bene. Ne viene fuori un Verdone estremamente sincero, credo perbene. Però con delle sensibilità particolari. Con tanti ricordi, cose da dire sui luoghi che mi hanno ispirato certe sequenze, con tante persone che mi hanno ispirato alcuni caratteri“.
Sono 76 minuti, nell’arco dei quali si disegna l’uomo, il regista, l’attore… E anche il romano. Ci sono le testimonianze di chi lo conosce, di chi lavora con lui da una vita, degli amici e familiari. Ci sono anche diversi filmati, “vecchi super8 – spiega lui – trovati in una scatola della mia casa paterna“. Ed ecco Carlo diciottenne, eccolo con la madre, il fratello, la sorella. E poi le immagini della casa svuotata prima di essere restituita al Vaticano. E lui che racconta, “stanza per stanza, per ridare vita a un corpo che in realtà era morto. Tant’è che arrivato alla stanza dei miei genitori, davanti al loro letto tutto scassato, vuoto, mi sono fermato. Mi è venuto un nodo alla gola e ho detto: stop, questo materiale non lo voglio mai più vedere. Tenetelo in archivio, forse un giorno lo vedrò. I registi hanno chiesto di usarne una piccola parte. È stato un tuffo al cuore. È bello, poetico, forte. Per il pubblico sarà interessante. Capiranno la mia infanzia, la mia adolescenza, l’università, quando quella casa era viva. E racconta il clima di quella casa e di quei tempi. La verità è che quando vedo c’è quel pezzo io abbasso gli occhi, e non lo guardo“.
E ancora i suoi film, gli attori che l’hanno più spesso affiancato, il pubblico. E il Centro sperimentale di cinematografia, dove imparò il mestiere. “Abbiamo cercato – fanno sapere Ferzetti e Giagni dalle pagine del Messaggero – di raccontare anche i lati in ombra, più personali di Verdone“. Ci sono riusciti, vien fuori il Verdone inedito. Nel bene e nel “male”. Portando con sé una scia di grandi emozioni.
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