Ti sposo ma non troppo, Gabriele Pignotta: “Il sogno me lo sono pagato io”

Gabriele Pignotta aveva vent’anni quando nella sua mente ha preso forma un pensiero ben preciso. Non tanto – o non solo – un desiderio, quando un dato di fatto: “Io girerò un film“. Ecco. Fissato l’obiettivo, ha cominciato la sua marcia. Come un caterpillar dotato di testa, viscere e cuore. Impossibile fermarlo, Gabriele. E ce ne sono voluti altri venti, di anni, per raggiungere l’obiettivo. Ma ce l’ha fatta. Nel mezzo, tante soddisfazioni e altrettante cadute. Tante delusioni e tanti “ricominciamo”. Passi avanti e indietro, tiri aggiustati, anche strategie. In questi giorni è chiuso in sala montaggio: sta terminando la lavorazione del film Ti sposo ma non troppo, ovvero il suo primo lungometraggio. Prodotto dalla Lotus di Marco Belardi (qui la nostra intervista al produttore) e distribuito da 01 Distribution-Raicinema, è l’adattamento del suo spettacolo teatrale che porta lo stesso titolo. Gabriele è il protagonista insieme a Vanessa Incontrada, con loro recitano anche Chiara Francini e Fabio Avaro.

Si parla d’amore, in questa pellicola. D’amore e di tecnologia, di Facebook e di chat, ma anche di perdite, rivelazioni, pentimenti, scoperte. Gabriele spera di conquistare gli spettatori strappando loro sorrisi e accendendo riflessioni, ma soprattutto regalando un po’ di tempo da trascorrere con la spina staccata. Lì, in sala, senza pensare a null’altro. Certo, l’ansia c’è: “la critica mi stroncherà, come accade per tutte le commedie“, dice. Ma il suo primo pensiero è per la gente, l’esame da superare è la reazione di tutti gli occhi che si poseranno sullo schermo. Andrà bene. Ma se non dovesse andare bene, “mi rialzerei – assicura Pignotta – e scriverei un altro film. E in ogni caso ricomincerò a lavorare con la mia compagnia“. Un caterpillar, appunto. Con grandi occhi blu.

Il film è quasi finito: sei soddisfatto di come sono andate le cose finora?
Sì, è stata un’esperienza molto impegnativa – perché sono il regista, il protagonista, lo sceneggiatore – ma fantastica. Non abbiamo avuto molto tempo a disposizione per le riprese, ma credo sia stato fatto un ottimo lavoro. Sul set si è creata un’atmosfera di vero divertimento: tutti mi hanno ringraziato, per questo, ed è la cosa più importante. Io ringrazio loro.

Com’è stato lavorare con Vanessa?
Facile e bello, si è creato subito un bel feeling. E lo stesso vale per Chiara Francini.

Vent’anni per realizzare il tuo sogno: complimenti per la perseveranza.
La perseveranza dev’essere una regola di vita e io ne sono l’esempio (sorride, ndr). A vent’anni mi sono detto “Io farò un film” e, come prima cosa, ho frequentato una piccola scuola di recitazione. Era la fase in cui facevo finta che si trattava di un hobby, ci sarebbe voluto ancora un po’ per “l’outing”. Vivevo come un ragazzo normale: la famiglia, l’università, tutto regolare. Nel tempo, i primi spettacoli allestiti nei teatrini: una specie di travaglio, insomma. Fino a quando ho detto la verità, prima di tutto a me stesso…

E poi cos’è successo?
Ho continuato a recitare e, nella seconda metà degli anni Novanta, cominciato a fare sul serio. Chiaramente, nel mezzo ci sono stati mille lavoretti di genere completamente diverso: cameriere, operatore call center e via dicendo. Il sogno me lo sono pagato io, non ho mai voluto chiedere nulla alla mia famiglia.

… A un certo punto è arrivata la tv.
Ho creduto che quella fosse la strada per raggiungere più facilmente la visibilità. E la visibilità è necessaria per poi trovare qualcuno che decida di scommettere su un tuo film. Insieme a due ragazzi della scuola di recitazione ho preparato uno sketch e siamo andati al Festival di Castrocaro: è andata bene, abbiamo vinto nella sezione Volti Nuovi Televisivi. A quel punto sono stato notato da Sergio Japino e Raffaella Carrà e lui mi ha proposto di aiutarlo a scrivere un programma, un preserale poi andato in onda su Raiuno: Navigator.

Non male. Quanto è durata?
Per tre-quattro anni ho orbitato nell’entourage di Japino; non male, vero, ma d’altra parte avevo smesso di scrivere, recitare, di fare cose mie. E poi, onestamente, l’ambiente della televisione non mi ha mai entusiasmato molto. Quindi mi sono detto ‘Torno a fare quello che facevo prima‘. Ho scritto la prima commedia (Maschio non mi somigli affatto, ndr) con Igor Dammassa, abbiamo affittato un teatrino con 40 posti ed è andata in scena. Raccontava della convivenza fra un etero e un gay. Fra gli altri, è venuta a vederla Alda D’Eusanio che ci ha detto ‘Vi voglio in trasmissione‘: allora conduceva Al posto tuo. E’ stata un’esperienza molto formativa, senza dubbio. Ho imparato tantissimo, scrivevamo due puntate al giorno. La creatività al servizio della diretta. Il guadagno era buono…

… Però c’è un però, evidentemente.
Però non mi sentivo libero, ancora una volta non ero sereno. Comunque, poi Alda non ha più condotto quel programma e forse è stato un segno del destino. Ancora una volta ho azzerato tutto e ricominciato da solo. Era il 2004. Ho scritto un monologo e fatto un provino con Pippo Baudo per Sabato Italiano, superandolo. Gli ascolti però non sono stati quelli che ci si aspettava e quindi hanno cominciato a “tagliare” i 12 comici del cast, me compreso. Devo ammettere che iniziavo a stressarmi. Mi chiedevo: ‘Ma non sto costruendo niente‘?.

Fino a quando la ruota ha cominciato a girare per il verso giusto.
Ho condotto su La7 un programma con Massimiliano Bruno e Sabrina Nobile, poi ho scritto e condotto due programmi su Sky, Shake.it con Laura Barriales e The Soup con Francesca Zanni. Ho pensato ‘Forse ci siamo‘. Ma l’anno dopo è entrato Maurizio Costanzo in Sky e sono andati via i nuovi talenti. A quel punto ho detto ‘basta tv, torno a teatro‘.

Hai scritto la tua prima commedia, Una notte bianca.
Che è andata bene, per fortuna. Ho avuto così la conferma che quella era la mia strada. Ho messo insieme mattoncino dopo mattoncino: dai teatri piccoli a quelli più grande, poi la tournée, i record al botteghino, le altre commedie. Una grande fatica, sempre, ma risultati altrettanto grandi. Il pubblico non lo ferma nessuno…

Poi l’incontro col produttore Marco Belardi.
Sì, ha assistito alla commedia Ti sposo ma non troppo e gli è piaciuta: “Teniamoci in contatto“, mi ha detto. E così è stato. Sono trascorsi altri due anni, ma finalmente è stato possibile realizzare questa trasposizione cinematografica.

E mica è finita qua…
No! Questo 2013 è stato un anno ricco e coincide con la consacrazione: ho anche scritto la sceneggiatura del nuovo film di Carlo Verdone, Sotto una buona stella (in produzione da qualche giorno, ndr), insieme a lui stesso, a Pasquale Plastino e Maruska Albertazzi.

Insomma: il sogno è realizzato. Come ti senti?
Beh… Ho fatto finalmente ciò che volevo. Ma adesso tocca andare in pasto al pubblico!

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