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Categorie: Recensioni

Song of silence: Jing e il potere del silenzio che colpisce, emoziona e coinvolge

È uscito nelle sale lo scorso giovedì – 29 maggio – Song of silence. Un film del 2011, diretto dal regista Chen Zhuo, che arriva per la prima volta sul grande schermo italiano grazie a Distribuzione indipendente. Una pellicola insolita in cui a parlare è il silenzio, come si carpisce già dal titolo. Il silenzio di una ragazza sordomuta, Jing Zhaoyang – interpretata dall’attrice Yin Yaning – che soffre per la separazione dei genitori con i quali ha un rapporto molto controverso. Di vivere con la madre e il suo nuovo compagno, Jing non ne vuole sapere. Per questo abita con il nonno e lo zio materno in un villaggio di pescatori nella Cina del sud.

Un’adolescente che parla senza parlare, che trasmette ciò che ha dentro con i suoi occhi a mandorla, neri, intensi, profondi, in grado di andare al di là del grande schermo e di colpire lo spettatore più di mille parole. Solitudine, impotenza, infelicità, irrequietezza: un silenzio che dice tante cose. Dice anche che Jing vive male la sua disabilità. A scuola viene derisa dai compagni, e questo la porta a trascurare lo studio e a sentirsi al sicuro soltanto nella barca dello zio (Yu Xuan).

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Ma il rapporto con lui oltrepasserà il limite consentito in una normale rapporto zio-nipote, così la ragazza sordomuta sarà costretta ad allontanarsi da colui che finora era stato la sua unica ancora di salvezza per andare a vivere con il padre, il quale – proprio come la madre – si è ormai rifatto una vita. Nell’incontro tra Jing e Mei (nuova compagna del padre) si nasconde però il colpo di scena di Song of silence. Un rapporto ostile, ma solo all’inizio. Giusto il tempo di sbocciare, di prendere una forma, forse inaspettata, che contagerà anche Zhou, il papà di Jing.

Incredibile l’incomunicabilità tra figlio e genitori, affatto kegata all’handicap di Jing. Emozionante il suono del silenzio. Sorprendente quel copione estremamente dettagliato che narra una storia vera, accaduta nelle terre dove lo stesso Chen Zhou -regista sui generis laureato in architettura – è nato nel 1978. Un linguaggio non verbale e non convenzionale che proprio per questo colpisce, coinvolge, rapisce ed emoziona. E poi “c’è anche un po’ d’Italia in quest’opera, grazie al produttore esecutivo Gianluigi Perrone”, come ha detto Giovanni Costantino, presidente di Distribuzione indipendente. Song of silence è uscito solo su 28 schermi italiani, pochi ma mirati. Forse solo il punto di partenza di un inaspettato successo. Inaspettato, proprio come questo film.

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