Marco Ponti: “Il cinema è la bistecca, il resto è insalata”

Marco Ponti, quando gira un film, ci mette tutto se stesso. Non è un modo di dire. Non è soltanto il classico riferimento al cuore e all’anima. Quelli ci sono sempre, sì. Ma Ponti va oltre. Ci mette pure i vestiti, l’arredamento. Qualche volto a lui caro, che appare e lascia una nota di colore. Ecco, per esempio gli abiti che Stefano Accorsi indossava in Santa Maradona, in parte, erano suoi. I mobili di quella casa in cui Accorsi divideva con Libero De Rienzo – alias Bart – le giornate, le ambizioni e le utopie… Beh, venivano dritti dritti dalla camera di Ponti. E quel film, il suo debutto alla regia, un’opera che ha sorpreso tutti e collezionato sia applausi che successi, era una centrifuga dei suoi anni universitari.

In Passione sinistra, uscito circa dieci anni dopo (nel 2013), c’è una scena girata in libreria. Vinicio Marchioni, alias lo scrittore imbevuto di arrivismo e narcisismo, a un certo punto si rivolge a qualcuno con un “Ciao, Luca!“. E per un istante davanti alla macchina da presa si vede lui, Luca Bianchini. Sì, l’autore del bestseller Io che amo solo te, migliaia e migliaia di copie vendute e in copertina due fiammanti peperoncini che la dicono lunga. Marco e Luca sono amici da sempre. Dai tempi dell’Università. Erano in tre, per essere precisi. C’era anche il bassista Pierpaolo Peretti, uno dei fondatori dei Subsonica. Insieme formavano “il nucleo dei nichilisti“, spiega Ponti, e hanno condiviso tante avventure. Ancor prima di viverle, quando avevano solo la forma di un sogno. E il sogno non finisce mai. Come non finisce questo legame, che è sfociato in un’idea. Anzi, in una sorta di staffetta: “Luca ha scritto il romanzo, insieme stiamo scrivendo la sceneggiatura e io dirigerò il film“. La trasposizione cinematografica di Io che amo solo te, lavori in corso. La sceneggiatura è giunta alla settima versione, i casting hanno preso il via da poco e le riprese cominceranno la prossima primavera.

Com’è nata l’idea di questa collaborazione?
Il nostro è un rapporto che nasce da lontano e col tempo si è fortificato. Lui mi rende partecipe di ogni progetto e lo stesso faccio io. Mentre scriveva il libro me lo raccontava, ne abbiamo parlato a lungo, anche se a dire il vero non avevamo in mente un orizzonte filmico. Discutevamo della storia, discutere significa crescere. E io ero concentrato sul mio amico, su ciò che stava facendo. Poi il libro ha cominciato ad avere successo ed è arrivata la proposta di un produttore. A quel punto ci siamo chiesti: perché non fare squadra?

Quanto tempo ci vuole per scrivere la sceneggiatura?
Beh, le sceneggiature hanno tempi strani e mutevoli. Per la prima versione, quella base, abbiamo impiegato circa un mese e mezzo. Poi diciamo che ne passano altri 6-7 fra note, tagli, cambiamenti vari.

Com’è lavorare con l’autore del libro da cui viene tratto il film? La sua presenza rende le cose più facili o più difficili?
Questo è un caso particolare perché, appunto, io e Luca siamo grandi amici. E allora c’è anche il piacere di trovarsi insieme. Lavoriamo, sì. Ma cuciniamo, mangiamo, parliamo, anche. E’ un privilegio.

Rispetto al libro state facendo un’opera di sottrazione o di addizione?
Posso dirti innanzi tutto che nel film ci saranno parti che non sono presenti nel libro ma non sono nemmeno nuove. Luca le aveva scritte ma ha scelto di non metterle nella versione definitiva. Ci sono apparse molto utili, invece, per il racconto cinematografiche. Chi ha letto il libro e poi vedrà il film si sentirà un po’ destabilizzato, forse, ma il bello è anche questo (sorride, ndr). Poi, senza dubbio, contano molto le opinioni che Luca ha raccolto da Nord a Sud durante le numerose presentazioni. Per esempio abbiamo scoperto che i personaggi di Nancy, della zia Dora e dello zio Modesto sono molto amati pur avendo un ruolo secondario, dunque per loro abbiamo avuto e avremo grande attenzione. In questo momento invece ci stiamo dedicato al rapporto fra Damiano e Orlando, anch’esso fondamentale.

Qual è l’ostacolo più grande incontrato finora?
La vicenda raccontata nel libro si svolge nell’arco di 3 soli giorni: venerdì, sabato e domenica. E poi viene descritto tutto ciò che è accaduto in passato e creato certe dinamiche. Ecco, la nostra sfida è stata quella di far capire ogni cosa senza ricorrere al flashback. E allora abbiamo ricostruito tramite parole, gesti, sguardi: per niente facile, ma io non amo i flashback.

Avete già individuato gli interpreti?
Abbiamo trovato gli interpreti dei due sposi, Chiara e Damiano. Sono due attori molto belli e soprattutto uniti da una grande alchimia dal punto di vista professionale. Abbiamo 2, 3 nomi per ogni ruolo: vedremo.

Il film sarà girato a Polignano a mare, negli stessi luoghi in cui è ambientato il film?
Non potrebbe essere altrimenti: Polignano è protagonista, con la sua geografia e la sua luce. E’ speciale. Un luogo di confine, caratterizzato da una magica compresenza di terra e mare. La terra dà i suoi frutti, ma finisce bruscamente per lasciar spazio all’imponente scogliera e all’acqua. I movimenti di nuvole e la luce, quella luce così particolare, trasmettono sensazioni davvero uniche. Non a caso gireremo in primavera, quando si raggiunge il massimo della bellezza.

La luce è anche nel libro.
Sì. E quei luoghi sono estremamente congruenti con tutti i personaggi. Nella storia di ognuno di loro c’è un’apertura, una sfida, la voglia di prendere in mano il proprio destino. Non sono vite che si stanno spegnendo. Nessuno di loro tira i remi in barca.

Cosa ti aspetti da questo film?
Bella domanda… Sempre la stessa cosa: se fare film è il risultato di una passione, la speranza è quella di essere all’altezza del sogno.

Il sogno di diventare regista, però, tu l’hai già realizzato…
Sì, ma ogni film è il tuo primo film. Ogni film è un sogno da realizzare.

Passione sinistra, il tuo terzo lungometraggio, è del 2013. Il secondo, A/R Andata + Ritorno, del 2004: perché hai fatto passare tutto questo tempo? Perché non hai cavalcato il successo di Santa Maradona?
… Perché nel frattempo ho fatto altre cose e soprattutto ho vissuto (sorride, ndr)! Non mi è sembrato opportuno cavalcare il successo, da una parte non ero del tutto pronto e dall’altra avrei rischiato di fare film mediocri: non mi andava. Adesso ho caricato la molla nel modo che ritengo giusto. Adesso credo che l’ideale sia fare un film un anno sì e uno no.

Cosa ne pensi dell’attuale cinema italiano?
Questa è una domanda a trabocchetto.

No, te lo giuro.
Amo talmente il cinema che mi sento già gasato quando mi siedo in sala e si spengono le luci. Per il resto non mi considero campanilista, non credo nelle etichette. Non mi piace quando sento dire “per essere un film italiano è bello…” o “per essere un film francese è brutto…”; cose del genere, insomma. I film mi piacciono oppure no, a prescindere dalla provenienza.

L’hai detto prima: fra il secondo e il terzo film hai fatto altre cose. Sei sceneggiatore, lavori per il teatro, per la televisione. E hai anche lavorato per Vasco Rossi, dirigendo il videoclip della canzone Il mondo che vorrei
Lavorare con Vasco è stata un’esperienza che mi ha aiutato a cambiare la prospettiva. Non capita tutti i giorni di avere a che fare con un mito vivente, eh! Se ci pensi, Vasco c’è sempre stato e sempre ci sarà. Sono rimasto incantato dalla sua umiltà, dalla passione, dalla disponibilità. Sono stato parte della creazione di un momento importante. Eravamo a Los Angeles, sul tetto di un palazzo altissimo, e lui ha cantato l’intera canzone dal vivo. Intorno a lui, tutti erano con gli occhi lucidi. Certe cose non puoi dimenticarle.

Hai scritto, fra l’altro, la sceneggiatura dei film L’uomo perfetto e Cardiofitness.
Sono molto legato a entrambi. Grazie a L’uomo perfetto ho anche incontrato Riccardo Scamarcio, per cui nutro grande stima. E’ un film a cui voglio bene.

Qualche mese fa è andato in onda il film tv Ti amo troppo per dirtelo, che hai sia scritto che diretto.
Un altro bel ricordo. Jasmine Trinca, Francesco Scianna, Enrico Bertolino, Carolina Crescentini, Fabio Troiano sono attori che amo molto. E poi quello è il film in cui ho infilato più amici in assoluto: credo di aver battuto il record dei cameo, naturalmente c’è anche Luca (ride, ndr)!

Hai altri progetti in ballo?
Qualche tempo fa ho scovato in una libreria americana un testo teatrale dei fratelli Coen, Almost an evening. L’ho tradotto, l’ho adattato e l’ho portato alla Einaudi, la quale ha deciso di acquistare i diritti di pubblicazione per l’Italia. Metteremo in scena lo spettacolo fra il 2015 e il 2016 e posso dire che è una cosa bellissima… Un talk show in cui si fronteggiano Dio del Vecchio Testamento e Dio del Nuovo Testamento: fa morir dal ridere, giuro! Poi mi occuperò della supervisione di uno spettacolo di Stephen Amidon, l’autore del romanzo Il capitale umano, che dovrebbe andare in scena il prossimo febbraio.

Continui a percorrere altre strade al di là del cinema, insomma.
Direi piuttosto che tutto questo è possibile solo perché c’è il cinema.

In che senso?
Il cinema per me non è un hobby, non è uno sfizio e non è neppure un privilegio. E’ qualcosa che mi definisce. E’ l’amore, la follia, la passione. Il cinema è la bistecca, tutto il resto è insalata. L’insalata fa bene, è buona, piace. Ma il nutrimento più importante, per me, è la bistecca…

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