Roman Polanski non può tornare negli Usa: resta l’accusa di violenza sessuale

Il grande desiderio di Roman Polanski, ovvero far ritorno negli Stati Uniti, non sarà realizzato. Il giudice della Corte Superiore di Los Angeles ha infatti respinto la richiesta dei suoi legali, relativa alla prescrizione dell’accusa di violenza sessuale di una minorenne. Il regista polacco non mette piede in America dal 1977, ovvero da quando si ritrovò imputato di stupro nei confronti di una tredicenne: Samantha Geimer, modella, figlia di una conduttrice televisiva. Il fatto avvenne nella villa di Jack Nicholson.

L’avvocato della ragazzina propose, in sede di procedimento preliminare, un patteggiamento in modo che lei non dovesse deporre pubblicamente davanti al tribunale. Fu prescritta una perizia psichiatrica, per la quale Polanski venne mandato per 90 giorni nella prigione di Stato californiana a Chino. Dopo 42 giorni lo rilasciarono con una valutazione che consigliava una pena detentiva con la condizionale, quindi senza più detenzione. Il giudice respinse la proposta e Polanski fuggì in Europa. Da allora non entra negli Usa per il rischio di estradizione. L’Interpol ha emesso un mandato di cattura internazionale valido in 188 Paesi.

Nei giorni scorsi il suo team di avvocati ha parlato di una cattiva conduzione delle indagini sul caso Polanski nel tentativo di arrivare all’archiviazione del caso. Ma la richiesta, appunto, è stata respinta. Di conseguenza il suo ritorno negli Usa appare impossibile.

La Geimer ha rotto il suo silenzio soltanto nel 2013 scrivendo un libro di memorie su quello stupro, The Girl: A life in the Shadow of Roman Polanski (La ragazza: Una vita nell’ombra di Roman Polanski): “Sono più di una Sex Victim Girl – ha detto – ho scritto la mia storia non con rabbia ma con l’obiettivo di ricercare me stessa“.

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