Qualcosa sta per cambiare. E chi segue Gabriele Rossi, chi è abituato a ritrovarlo fra le scene di Un passo dal cielo, ormai nota fiction in cui interpreta il nipote di Terence Hill, si prepari. Perché Gabriele, presto, sarà come nessuno l’ha mai visto. Ad aprile cominceranno infatti le riprese di una pellicola particolare, Il giorno dopo, per la regia di Ruggero Deodato. E a questo punto è doverosa una precisazione: Gabriele non vestirà i panni di Raffaele Sollecito, come ha scritto più di qualcuno, bensì di un personaggio a lui ispirato. Anche perché la vicenda relativa all’omicidio di Meredith Kercher non si è ancora conclusa; nel gennaio 2014 Sollecito e Amanda Knox sono stati condannati rispettivamente a 25 anni e 28 anni e 6 mesi di reclusione, i loro avvocati hanno depositato ricordo in Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza senza rinvio e a breve dovrebbe esserci l’ultima pronuncia. No, Gabriele non sarà Raffaele. Si chiamerà Jacopo. Ma quegli abiti saranno ugualmente molto, molto impegnativi. Lui si prepara, con quel self control che sembra contraddistinguerlo sempre. E’ consapevole, tuttavia, di essere davanti a una sfida in piena regola. Un’esperienza che non ha nulla di simile a quanto fatto finora.
Questo film non è un biopic su Raffaele Sollecito.
No, anche perché la lunga vicenda giudiziaria non si è ancora conclusa. Il mio personaggio, Jacopo, è ispirato a Sollecito ma non si tratta di una biografia.
Manca poco al primo ciak.
Esatto, le riprese cominceranno ad aprile. Gireremo fra Roma e Orvieto. E in questi ultimi giorni stiamo approfondendo lo studio dei personaggi.
Jacopo sarà comunque un ragazzo accusato di omicidio; in che direzione va la sceneggiatura e, di conseguenza, il tuo lavoro?
Il primo obiettivo, naturalmente, è quello di rendere realistici tutti i personaggi del film. Cercando, però, di restituire aspetti del loro essere messi in ombra, appunto, dal delitto e dalle conseguenze. Per quanto riguarda Jacopo, gran parte del mio lavoro consiste nel restituire ciò che era prima e ciò che sarebbe stato dopo se quella ragazza non fosse morta. E’ la volontà di pulire, in un certo senso, la sua immagine. Sia pur senza giustificarlo in alcun modo, intendiamoci. E’ raccontare anche la sua parte più… Normale.
Come ti stai preparando? E riesci a non farti influenzare dal giudizio che hai maturato dinanzi a questa storia?
Beh, il mio metodo non consiste nello strillare le battute davanti a un muro. Mi informo tantissimo, piuttosto, qualunque sia la parte da interpretare. Cerco di leggere il più possibile, di mettere insieme tutto il materiale riguardante quel personaggio. Se devo fare il Forestale, per esempio, leggo anche il Codice di comportamento dei forestali. Se devo interpretare un presunto assassino, leggo i casi di cronaca nera che hanno visto protagonisti dei killer. E così via.
Un’opera di metabolizzazione.
Esatto. Gradualmente, in qualche modo, divento quel personaggio. Gli do respiro, guardo con i suoi occhi, parlo con la sua bocca. A Jacopo proverò a trasmettere qualcosa di me, umanizzando quello che è stato disumanizzato. Ripeto: non lo giustifico e nemmeno lo condanno, ma vorrei renderlo più vicino alla dimensione umana.
La maggior parte degli attori considera il cinema un punto di arrivo. E’ così anche per te?
Dipende. Ci sono pessimi film e ottime fiction, questo non bisognerebbe mai dimenticarlo. Diciamo che, per me, questo film rappresenta soprattutto un’ottima occasione per far conoscere un’altra parte di me. Non mi dispiace affatto l’idea di interpretare personaggi più noir.
In effetti finora sei stato un buono, quasi sempre… Ti pesa?
No, non mi pesa. Anche perché in realtà ho avuto modo di alternare i ruoli da buono e ruoli da cattivo, e basti pensare a L’onore e il rispetto. E poi c’è l’alternanza con ciò che sono nella vita, rispetto al “principino” coi capelli biondi e gli occhi azzurri. Ho un lato dark che mi permette di bilanciare con quello che accade sul set. Mi piace stare solo, per esempio…
Molti ti definiscono “un attore che piace molto ai teenagers”: che ne pensi?
Mi fa piacere, credo sia un buon risultato. Anche perché, a livello di comunicazione e per quanto riguarda la dimestichezza con la tecnologia, sono davvero imbattibili (sorride, ndr).
A proposito di comunicazione e tecnologia: che rapporto hai coi social network?
Li uso, mi sforzo! Per lungo tempo ho avuto costanza con Facebook, negli ultimi tempi mi sto concentrando su Instagram perché pare che se non usi Instagram allora non sei nessuno (ride, ndr)… con Twitter non riesco invece ad acquisire familiarità, devo ammettere che non mi fa impazzire.
Che differenza c’è fra il Gabriele di oggi e il Gabriele di Tutti pazzi per amore? Ancora tutti ricordano la famosa scena nello spogliatoio…
E’ vero! Beh, sicuramente da allora ho fatto tanta esperienza. Sono più ferrato da un punto di vista professionale e credo di cavarmela meglio nel gestire le relazioni. Prima dicevo sempre sì, combinando anche grandi casini; adesso non dico no ma so organizzarmi meglio. Ed evito di fare frittate. Ho raggiunto anche una maggiore indipendenza psicologica e devo dire che mi sento bene con me stesso. Il bilancio della mia carriera, finora, è positivo. Guardandomi indietro, mi do una pacca sulla spalla.
La danza ha ancora spazio nella tua vita?
Certo. Il 16 maggio debutterà a La Spezia uno spettacolo che dirigo, interpreto e di cui ho curato anche la coreografia. Poi sto continuando a insegnare al Balletto di Roma.
Possiamo definire la danza il tuo piano B?
No… La danza è, insieme alla recitazione, il mio piano A. Sono due ottimi piani A, direi!
E ce l’hai, allora, un piano B?
Sì: andare a lavorare con mia madre e mio padre nell’attività di famiglia a Frascati (ride, ndr)! Se è per questo, ho anche un piano C…
Sono tutta orecchie.
Vado a lavorare nell’orto dei nonni. Il nonno mi ha insegnato a lavorare la terra quando ero bambino e me la cavo bene, sai?
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