Claudio Caligari addio, Valerio Mastrandrea: “Il suo cinema è stato e sarà sempre Politico”

Beffarda, la vita. Claudio Caligari aveva appena finito il montaggio del suo terzo, amato e agognato film. Ovvero Non essere cattivo, che arriva dopo Amore tossico dell’83 e L’odore della notte del ’98. E’ riuscito a realizzare quest’opera, il ribelle e tormentato regista 67enne, anche grazie a Valerio Mastandrea. Che si è battuto affinché fosse trovato il denaro necessario (obiettivo raggiunto grazie a Raicinema, Taodue, Kimerafilm, Leone Film e si aggiunga pure il sostegno del Mibact) e ha indossato i panni di produttore delegato. Il mondo del cinema italiano è in lutto e sono in tanti a mettere nero su bianco – soprattutto tramite la Rete – il cordoglio e l’amarezza. Perché la vita è propria beffarda, già, e dopo una grande fatica Caligari non potrà mai sapere che effetto farà quest’altra storia, anch’essa ambientata nella Roma degli ultimi. Di chi cerca e veda la fuga nella droga e identifica il sogno ultimo con il potere, il denaro, il vizio. Non saprà mai che effetto farà. Ed è proprio da Mastrandrea che giungono le parole più sofferenti per questa scomparsa tutt’altro che imprevista, visto che Caligari lottava da tempo contro un tumore.

‘Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film’. Se n’è uscito così – racconta Mastandrea sul suo blog – ad un semaforo rosso di Viale dell’Oceano Atlantico circa un anno fa. Stavamo andando insieme a parlare con un amico oncologo in ospedale. La risposta ce l’avevo pronta ma l’ho lasciato godere di questa sua epica attitudine alle frasi epiche che accompagneranno per sempre tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ho aspettato il verde in un altrettanto epico silenzio (sono molti anni che era stato operato alle corde vocali). Ripartendo ho detto ‘C’è gente che ne ha fatti trenta ed è molto più stronza di te’“.

Ha girato tre film in trent’anni, Caligari. Anzi no. In realtà non ha mai smesso. “Ne ha girati tre – continua Mastandrea – ma ne ha scritti, fatti e visti almeno il triplo. Questo deve accadere ad un regista che vede sfumare i propri progetti per motivi enormi o a causa di persone piccolissime. Pensare, scrivere, vedere, riscrivere, ripensare, vedere ancora fino alla morte del progetto e, nonostante questo, continuare a vederlo finito, il proprio film. Così ha fatto anche lui. Noi che abbiamo avuto il privilegio di lavorarci questo lo sappiamo bene. Ogni film non fatto da Claudio, Claudio lo ha fatto eccome. Come ha fatto il suo terzo e ultimo. Con l’amore e la cattiveria che la malattia gli imponeva. Con la dolcezza di chi riconosce la magia del cinema e delle persone che lo fanno. Con la stronza intelligenza di chi urlava il diritto al cinema da conoscere e da poter fare“. Un vulcano in continua eruzione, a dispetto di quel logoramento fisico che gradualmente gli ha consumato anche l’anima.

Fino all’ultimo ha continuato a raccontare quel mondo ai margini, fatto di ombre troppo fitte, sempre troppo fitte. E i margini sono arrivati al centro della scena e del set. “Il suo cinema è stato e sarà sempre Politico. Non ha mai smesso di esserlo neanche quando non veniva materialmente realizzato. Bastava parlarne. Guardarlo mentre sceglieva il ritmo del respiro giusto per pronunciare la frase epica di turno. Ha sempre conosciuto i film che ha fatto. Li ha mangiati, bevuti, e vomitati prima di farli diventare un film. E’ stato forse l’ultimo intellettuale vecchie maniere“. Caligari ha perso, ma ai rigori. Non prima. “Che si sappia questo“. E ai rigori “non è mai una sconfitta reale“.

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