#Review – “Oblivion” è una maestosa esecuzione orchestrale

Recensire “Oblivion” è anzitutto parlare di Tom Cruise. Attore feticcio degli anni ’80, è capace come nessun altro di inanellare in un’alterna carriera pellicole detestabili ad altre molto valide. Se il suo ultimo “Jack Reacher” era stato una delusione così cocente da suscitare un’irrefrenabile ilarità, ora in “Oblivion“, pur recuperando tutti gli stilemi del suo culto personale nato con “Top Gun” – i Ray-Ban, la motocicletta, il personaggio di pilota temerario – sostiene il ruolo di protagonista donando sfaccettature credibili al tecnico riparatore di droni Jack Harper.

L’abbrivio della storia è il seguente: la Terra è stata attaccata 60 anni fa da una specie aliena, gli Scavenger. Nel conflitto la Luna è stata distrutta, mentre la Terra è stata contaminata irreparabilmente dalle radiazioni nucleari. Gli Scavenger, sconfitti, si sono rifugiati nel sottosuolo terrestre. Grazie all’olocausto nucleare gli umani hanno vinto la guerra, ma hanno perso il pianeta. La maggior parte della popolazione è emigrata su Titano, luna di Saturno. Gli ultimi sopravvissuti vivono su un’astronave orbitante intorno al globo terrestre, il Tet. Sulla superficie terrestre permangono nella piccola zona scampata alle radiazioni, abbarbicati su una torre nella stratosfera, una coppia di umani: Jack e Vika. La loro memoria è stata cancellata per proteggere l’umanità in caso di cattura da parte degli Scavenger. Vika è la responsabile per la cartografia e le comunicazioni con il Controllo Missione sul Tet; Jack è l’addetto alla manutenzione dei droni e delle enormi trivelle marine. La razza umana sta infatti raccogliendo acqua marina come provvista per l’ultimo viaggio verso Titano, nel mentre i droni proteggono le trivelle dagli ultimi attacchi degli Scavenger. Tra due settimane la missione di Jack e Vika sarà conclusa, e partiranno per Titano con tutti gli altri umani sul Tet. Ma da un lato la curiosità di Jack per il passato ormai perduto del pianeta Terra e della civiltà umana, dall’altro una serie di eventi e ritrovamenti eccezionali sconvolgeranno la sua esistenza e la sua visione del mondo.

Il film si presenta poderoso, con un incedere flemmatico ed altisonante fin dalle prime note. La meravigliosa colonna sonora degli M83 che tanto ricorda Vagelis di “Blade Runner” o Hans Zimmer di “Inception” accompagna gli scenari stranianti e desolati dell’Islanda; terra brulla che funge da set naturale del film. La pellicola incede con una maestosità degna dei più noti esempi della fantascienza classica. Tra i riferimenti vari si va da “2001: Odissea Nello Spazio” a “Il Pianeta delle Scimmie“, da “Matrix” a “Moon“, da “Sunshine” a “Total Recall“; per non dimenticare il mondo dei videogame, con più di qualche riferimento al gioco ormai cult “Portal“, senza dimenticare l’animazione by Pixar di “Wall-E“.

Queste sono solo alcune delle possibili citazioni che lo spettatore appassionato di fantascienza potrebbe ritrovare nel film di Joseph Kosinski. Qualcuno potrebbe sardonicamente giudicare questo “Oblivion” solo un copia&incolla di mille riassunti, ma d’altra parte il mondo del cinema cosa altro è se non reiterare ciclicamente le ansie e le paure incosce del pubblico? Qualcuno giudicherà puro autocompiacimento dell’autore il ritmo lentissimo della trama, specie dopo quei primi 30 minuti introduttuvi che potrebbero sembrare un mero esercizio di stile, attinente più alla videoarte che al cinema come narrazione. Eppure le immagini pulitissime, asettiche quanto i set futuribili, grigie quanto le polverose macerie, sono una vera gioia per gli occhi, al pari della cura maniacale per il production design degli oggetti di scena. Quando il regista comincia a sgranellare la storia, la voglia di sapere “come va a finire” è sempre alta. Appropinquandosi verso il terzo atto della pellicola un paio di colpi di scena sapranno stupire persino il critico più cinico, anche se forse non lo faranno innamorare. D’altra parte la firma autoriale, oltre che tecnica, in questa storia scritta e diretta da Kosinski, la si ritrova proprio quando egli recupera il tema religioso, già latente nel suo precedente “Tron: Legacy“, ma stavolta completamente ribaltato come prospettiva. Unica vera pecca del film, spiace dirlo, è l’inespressività di Olga Kurylenko. Tanto bella, quando incapace se non in un paio di inquadrature di donare qualche emozione al pubblico. Melissa Leo e Morgan Freeman invece rispettano le attese, molto buona la performance di Andrea Riseborough, mentre solo poco più di una comparsata per Nikolaj Coster-Waldau

Noi che critici non siamo, bensì “pubblico pagante” come i nostri lettori, siamo usciti a pancia piena dalla visione di “Oblivion”. E’ un film che avvicinandosi alla conclusione cresce e migliora, al pari di Tom Cruise come protagonista. Nonostante il ritmo lento e qualche difetto nella trama, fa restare a bocca aperta per l’esecuzione tecnica, e lascia anche qualche pensiero dopo la visione. Non era un compito facile portare a termine un opera al tempo stesso di fantascienza classica, con spunti “indie“, ma con una star e un budget da blockbuster a far da contraltare. Missione compiuta. Potrebbe diventare in futuro il Bluray demo perfetto.

“Oblivion” di Joseph Kosinski
La recensione di VelvetCinema: Luce Verde!

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