Max Mazzotta: “Enrico Fiabeschi? A lui si perdona tutto”

Enrico Fiabeschi è uno dei personaggi nati dal genio di Andrea Pazienza: un tipo assai sopra le righe, calabrese, iscritto all’Università ma irrimediabilmente fuori corso, indolente fino al midollo ma anche dotato di una sua sensibilità. Uno che non studia, che si fa le canne, che a volte se la prende col mondo e attira l’attenzione suo malgrado. Enrico Fiabeschi è approdato sul grande schermo nel 2002 insieme ad altre bizzarre e carismatiche figure presenti nei fumetti di Pazienza, a cominciare da Pentothal, Zanardi, Colasanti: Paz!, il film diretto da Renato De Maria, è entrato di diritto nell’elenco dei cult.

A indossare gli stropicciati panni di Enrico Fiabeschi è stato Max Mazzotta, anche lui figlio della Calabria: solida formazione teatrale alle spalle, capacità mimiche notevoli, spirito comico cui è impossibile resistere. L’ha disegnato così bene, quel personaggio, che nell’arco di questi dieci anni (e passa) in tanti gli hanno chiesto di riproporlo. Continuare la sua storia, portarlo ancora fra la gente comune che facilmente si rispecchia in almeno una delle sue caratteristiche. E alla fine è successo, anzi sta per succedere: il 22 agosto arriva nelle sale Fiabeschi torna a casa, pellicola che segna anche il debutto di Max alla regia cinematografica.

FIABESCHI TORNA A CASA: TRAILER

Sei protagonista di questo film in tutti i sensi: reciti, dirigi, hai anche scritto la musica e la sceneggiatura.
Sì, era un progetto che coltivavo da tempo e che si è concretizzato anche grazie al produttore Matteo Levi. La sceneggiatura l’ho scritta insieme a Giulia Steigerwalt, che era anche nel cast di Paz!. Abbiamo lavorato un po’ insieme e un po’ a distanza, per almeno un anno. Ci sono state diverse stesure prima di arrivare a un risultato soddisfacente. Poi sono arrivati i fondi dal Ministero ed è stata davvero una bella soddisfazione: voglio dire, ci abbiamo creduto fin dall’inizio e ci siamo anche divertiti, ma non me l’aspettavo.

Quanta voglia avevi di tornare a interpretare Fiabeschi?
Tanta, maturata col tempo. Fiabeschi è un personaggio che mi è piaciuto fin dall’inizio, sono subito riuscito a dargli qualcosa di mio ed è stata una bella sensazione. Mi completa, per certi versi. Tramite lui posso fare tutto, mi sento a suo agio nel suo mondo surreale e fiabesco, proprio come suggerisce il suo cognome. A Fiabeschi si perdona tutto: nessuno, per esempio, ha mai ‘protestato’ dinanzi alle scene in cui si fa le canne. Al pubblico non frega niente.

E il pubblico chiedeva a gran voce il suo ritorno in scena…
Me l’hanno chiesto diverse persone, è vero. Dieci anni, però, sono tanti. Era dunque necessario fare qualcosa di diverso per dare giustizia a Enrico e rispettare anche il salto temporale. Allora ho dovuto inventarmi una storia. L’ho immaginato a Bologna, senza più amici e senza la ragazza storica. Senza un lavoro. Non ha nulla, insomma. E allora non gli resta che tornare in Calabria. Il fallimento di un sogno non segna la fine, ma fa nascere la voglia di conquistare altro nei luoghi d’origine. Un nuovo sogno. Nel Sud vive mille avventure, ma preferisco lasciare la sorpresa…

Trova anche l’amore.
Sì, ma tutti gli argomenti sono trattati nello stesso modo. Non ce n’è uno che è più importante o ha più spazio dell’altro. Trova l’amore, scopre che i suoi genitori hanno adottato un bambino, deve fare i conti con una realtà che resta immutata nel tempo. All’inizio Fiabeschi è un disadattato anche in quel contesto. Poi, però, arriva la consapevolezza che la propria casa non è un luogo fisico ma interiore. E’ dentro di noi. Questo pensiero gli restituisce serenità e torna a sorridere.

Quanto sono durate le riprese?
Abbiamo girato per cinque settimane fra Cosenza e Spezzano della Sila. Poi c’è stata una tappa a Bologna per la scena iniziale. L’ultimo giorno abbiamo girato la prima scena (ride, ndr)!

Al di là dell’accoglienza che il film riceverà, ti senti soddisfatto?
Sì, ma fino a un certo punto, come credo accada per tutte le opere prime. In parte ero avvantaggiato perché ho curato diverse regie teatrali, ma tante cose – soprattutto tecniche – le ho imparate strada facendo e altre devo ancora impararle. I tempi del cinema e del teatro, per esempio, sono nettamente diversi. Al cinema li crei anche quando giri, non solo durante il montaggio; al teatro te lo conquisti gradualmente, sera dopo sera. E ancora, al cinema non fai le prove come a teatro, ma d’altra parte il bello è che si può congelare il tempo.

Qual è il tuo auspicio più grande, a proposito di Fiabeschi torna a casa?
Mi auguro che il pubblico non rimanga deluso. Enrico è rimasto fedele a se stesso per certi versi, ma per altri si è evoluto. Ecco, spero che i cambiamenti siano ben accolti.

Hai girato nella tua e nella sua terra.
Sì, ho tracciato il ritratto di una famiglia del Sud, di un paesino del Sud. Era una cosa che mi stava a cuore. E ho cercato di fare una descrizione priva di retorica. Resta comunque un film leggero, naturalmente…

Tu vivi in Calabria, sei direttore artistico della compagnia Libero Teatro. Non comporta qualche difficoltà a livello professionale, una simile scelta?
Direi di no. Certo, magari sarebbe più ‘comodo’ vivere a Roma, ma preferisco viaggiare. I mezzi di comunicazione non mancano. E poi resto qua perché qua ci sono molte cose che faccio e che bisogna fare.

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