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Categorie: Recensioni

Gli ultimi saranno ultimi: Massimiliano Bruno a un passo dal dramma

La crisi del mondo del lavoro, la discriminazione delle donne all’interno di questo sistema, la tutela del diritto a diventare madre e perfino i rifiuti tossici. Temi molto seri, affrontati con lucidità e buona disinvoltura dal regista Massimiliano Bruno, il quale, dopo aver conquistato il pubblico con la commedia Nessuno mi può giudicare, si era già avvicinato al dramma in Confusi e felici e ora continua il suo percorso con Gli ultimi saranno gli ultimi (guarda il trailer su Velvet Cinema). Il film è tratto dall’omonimo spettacolo teatrale da lui ideato e scritto, andato in scena tra il 2005 e il 2007. Nei panni della protagonista torna Paola Cortellesi, che nella piece interpretava tutti i personaggi.

La storia raccontata è quella di Luciana Colacci (la Cortellesi appunto), una donna solare che lavora da anni come precaria ed è sposata allo sfaccendato ma tenero Stefano (Alessandro Gassmann). Nonostante questo è felice nella dimensione che più le appartiene, ma la scoperta di essere incinta cambia le carte in tavola: la grande gioia si trasforma in disperazione quando perde il lavoro e, uno a uno, vede cedere tutti i punti fermi della sua vita. Raggiunto il limite della sopportazione, vedendo l’inutilità di reclamare i propri diritti di donna, moglie e professionista, decide di darci un taglio netto e matura l’idea di una rivalsa. Ma, come dice il titolo ribaltando l’ammonizione evangelica, per gli ultimi non c’è modo di essere primi.

Massimiliano Bruno dà il suo meglio nella descrizione dei personaggi, aiutato dalle magistrali prove attoriali di Paola Cortellesi, Alessandro Gassmann e Fabrizio Bentivoglio. La storia inizia con un flashforward che mostra la scena finale della pellicola, interrotta a pochi minuti dal dramma per raccontare l’antefatto, quello che ha portato i protagonisti a quel punto critico, senza apparente via di ritorno. Alla regia manca forse quel pizzico di coraggio (come alla protagonista dopotutto), mentre le punte comiche sono ben mescolate al dramma e non interferiscono con la sensazione di “amaro in bocca” che permea la narrazione. Una nuova prova di forza del cinema italiano che ha in Massimiliano Bruno, al suo quarto lungometraggio dietro la macchina da presa, un esponente dei più interessanti.

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